Il rischio dell’inazione e le minacce economiche contro l’Europa

Washington e Pechino sembrano interpretare l'inazione europea come una debolezza e un invito a una maggiore prepotenza nel perseguire interessi economici e geopolitici. 

Anche disponibile in

Ci sono tre ragioni che spingono sia l'America che la Cina a usare pesanti minacce economiche contro  Germania e Europa: le reazioni di quest’ultime all'uso di sanzioni contro di loro su temi riguardanti Iran, Turchia e Nord Stream 2.

La settimana scorsa il ministro della Difesa tedesco ha confermato che la Casa Bianca aveva minacciato di imporre tariffe automobilistiche ai Paesi europei, a meno che non venisse attivato il Meccanismo di risoluzione delle controversie previsto dall'accordo sul nucleare iraniano, un atto che potrebbe portare alla fine di un accordo che gli europei vogliono invece mantenere. La stessa settimana, il New York Times ha rivelato che anche Pechino aveva capito che poteva fare il prepotente con gli europei in questo modo, usando la minaccia delle tariffe per costringere la Germania ad accettare l'offerta di Huawei per la costruzione delle infrastrutture 5G del Paese. Nonostante ciò, non è che gli europei non fossero stati avvertiti. Nella sola politica delle sanzioni, negli ultimi mesi ci sono stati tre segnali chiave che hanno dimostrato una crescente preferenza verso la coercizione economica.

Il primo colpo di avvertimento ha riguardato l'Iran, ovviamente. È vero che gli europei stanno ora valutando se imporre nuovamente le sanzioni al Paese, in risposta all'ultima ondata di escalation in Medio Oriente. Tuttavia, fino a poco tempo fa, dichiaravano la volontà di continuare a commerciare con il Paese nonostante le dure sanzioni statunitensi. Si sono persino mossi attivamente per aiutare le imprese europee ad aggirare le misure. Ciononostante, dopo aver cercato di proteggere almeno in parte la propria sovranità (e la politica di non proliferazione nucleare), gli europei hanno realizzato come una grande potenza abbia quasi completamente tagliato i loro scambi commerciali con un altro paese contro la loro volontà, nonostante i tentativi di impedirlo. L'Europa trova ora quasi impossibile esportare anche beni umanitari in Iran. Gli osservatori nelle capitali di tutto il mondo hanno senza dubbio notato le difficoltà dell'Europa e la sua mancanza di volontà politica.

Sebbene l'Iran non sia mai stato uno dei principali partner commerciali dell'Europa, il secondo colpo di avvertimento ha dimostrato come le sanzioni potenzialmente devastanti degli USA contro le imprese europee possano arrivare da un giorno all'altro, in un modo del tutto imprevisto anche tra gli esperti. Eppure l'incidente non ha ricevuto l'attenzione che meritava. Dopo che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha dispiegato le sue truppe nel nord della Siria in ottobre, il presidente americano Donald Trump ha dovuto affrontare critiche severe in patria per aver abbandonato i curdi. Nel giro di poche ore, ha preparato un ordine esecutivo che comprendeva misure drastiche contro la Turchia, dichiarando che avrebbe “distrutto” l'economia del Paese se Erdogan avesse agito in un modo inconveniente. Se attuate, queste misure avrebbero potuto avere un effetto drammatico sulle imprese tedesche ed europee. Trump ha concesso al segretario del Tesoro ampi poteri per imporre sanzioni a tutte le aziende coinvolte in settori ancora non ben definiti dell'economia turca. Innumerevoli banche europee e altre aziende che fanno affari in Turchia si sarebbero trovate improvvisamente a violare la legge statunitense.

Indubbiamente, il Tesoro statunitense avrebbe specificato i settori dell'economia turca da sanzionare e ci sarebbero state proteste da parte degli alleati di Washington se avesse effettivamente attuato misure così drammatiche sull'economia di un partner della NATO. I governi europei avrebbero potuto limitare alcuni degli effetti delle misure, ma non è chiaro quali strumenti avrebbero potuto usare per proteggere le proprie aziende e persuadere Trump a cambiare rotta se fosse stato determinato ad andare avanti. Per fortuna, la Turchia ha cambiato rotta, accettando un cessate il fuoco con la Russia, e Trump ha lasciato perdere la questione.

Il terzo colpo di avvertimento riguarda il gasdotto energetico Nord Stream 2. Il caso illustra come il commercio europeo con i paesi terzi sia minacciato non solo da un presidente imprevedibile che agisce (e twitta) d'istinto, ma anche dal Congresso degli Stati Uniti, in cui i membri di entrambi i partiti statunitensi possono non avere scrupoli a interferire con l'economia europea quando gli interessi americani ed europei divergono. Anche se queste sanzioni congressuali sono diventate legge solo di recente, hanno già avuto un effetto marcato: Il completamento del Nord Stream 2, originariamente previsto per la fine di gennaio 2020 è stato rinviato di almeno un anno. Anche in questo caso, secondo quanto riferito, l'amministrazione statunitense avrebbe minacciato privatamente l’imposizione di tariffe automobilistiche, facendo riflettere due volte il governo tedesco sull’intenzione di trovare modi alternativi al completamento del gasdotto.

Sia Washington che Pechino hanno visto come la Germania e il resto d'Europa hanno reagito a questi tre colpi di avvertimento. Hanno potuto constatare la fatica degli europei a reagire. Questo può aver creato un pericoloso precedente per entrambe le grandi potenze: se esercitassero sufficiente pressione economica sull'Europa, potrebbero ottenere i risultati sperati in politica estera o economia.

Naturalmente, tutti e tre i casi sono molto complessi. La questione iraniana è un argomento delicato in quanto il Paese usa sistematicamente la violenza a fini geopolitici in Medio Oriente e rappresenta una minaccia per Israele. Il Nord Stream 2 pone molteplici sfide perché il progetto aggira i partner dell'Europa orientale e aumenta in una certa misura la dipendenza della Germania dalla Russia. Anche nel caso dell'ordine esecutivo contro la Turchia, si potrebbe sostenere che l'amministrazione Trump probabilmente non avrebbe attuato le misure coercitive in modo così rigoroso come la loro formulazione sembrava indicare.

Tuttavia, tali questioni dovrebbero riguardare anche gli europei critici nei confronti di Iran o Nord Stream 2. Le sanzioni e altre forme di coercizione economica sono le principali misure di politica estera di Trump e la Cina sta seguendo una strada simile. La speranza degli europei di risolvere la crisi iraniana piegandosi a una misura costrittiva che non li ha colpiti troppo dal punto di vista economico potrebbe ritorcerglisi contro: Washington e Pechino sembrano interpretare sempre più l'inazione europea come una debolezza e un invito all’uso di maggiore prepotenza nel perseguire interessi economici e geopolitici. La Cina, ad esempio, sta lavorando ad una nuova legge sul controllo delle esportazioni che rispecchia quella americana e che potrebbe, attraverso i suoi effetti extraterritoriali, ostacolare in modo significativo gli scambi commerciali dell'Europa con Paesi terzi.

Alla luce di questi avvertimenti, è sempre più importante che la Germania e gli altri Paesi europei mettano insieme strumenti utili a rispondere all'uso della costrizione economica da parte di grandi potenze. In questo senso, è fondamentale che l'Europa comprenda le dipendenze asimmetriche che modellano i suoi rapporti con le grandi potenze e costruisca un deterrente credibile. L'Europa può agire con più forza senza compromettere le relazioni con gli Stati Uniti, il che costituirebbe un errore strategico). A meno che non mettano sul tavolo l'opzione di contromisure reciproche e ben calibrate, gli europei inviteranno Washington e Pechino ad usare sempre più spesso questo tipo di minacce.

ECFR non assume posizioni collettive. Le pubblicazioni di ECFR rappresentano il punto di vista degli autori.