La politica in Europa ai tempi della pandemia: Come il virus ha cambiato l’opinione pubblica

Secondo un recente sondaggio sul Covid19, la maggioranza degli italiani rifiuta il populismo e vuole una risposta europea più coordinata alla crisi

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Introduction

Un importante studio basato su un recente sondaggio, pubblicato oggi da ECFR (European Council on Foreign Relations), uno tra i più qualificati e riconosciuti gruppi di ricerca internazionali, ha rilevato come la maggior parte degli europei consideri l’ UE un valido strumento per gestire il covid-19 ed altre questioni di portata globale.

I dati raccolti, che rappresentano il punto di vista di due terzi della popolazione europea, rivelano che il 76% degli italiani è convinto che la crisi del coronavirus abbia dimostrato la necessità di una maggiore cooperazione all’interno dell’UE. Lo studio evidenzia, tuttavia, come tale sostegno ad una più stretta cooperazione europea è condizionale, e che non va visto come una domanda di nuove istituzioni o come fiducia nelle attuali strutture istituzionali UE.

Lo studio “Europe’s pandemic politics: How the virus has changed the public’s worldview” basato sul sondaggio effettuato da Datapraxis e YouGov nel periodo in cui molti dei paesi europei stavano iniziando a predisporre i piani di riapertura delle economie, mentre il rilancio dei mercati stava sostituendo la questione sanitaria nelle priorità in agenda, mette in dubbio alcune delle  conclusioni che i commentatori hanno tratto inizialmente dalla pandemia.

Gli autori dello studio, Ivan Krastev, presidente del Centre for Liberal Strategies, e Mark Leonard, fondatore e direttore di ECFR, analizzano l’impatto della crisi covid sulla politica interna e sulle prospettive di politica estera dei paesi, utilizzando i risultati del sondaggio condotto da Datapraxis e YouGov per identificare una serie di schemi mentali attraverso cui gli intervistati vedono il mondo dopo la pandemia. Mettono quindi in discussione la teoria secondo cui il covid-19 avrebbe rafforzato l'appoggio ai governi nazionali, migliorato la reputazione pubblica degli esperti e delle istituzioni, dato ossigeno alle forze sia dell’euroscetticismo nazionalista che del federalismo pro- europeo.

Le “illusioni” che vengono demistificate dal sondaggio paneuropeo di ECFR, sono tre:

ILLUSIONE NUMERO 1: La crisi ha prodotto in Europa un nuovo consenso nella maggioranza dell’opinione pubblica a favore di un ruolo più forte dello stato.

LA VERITA’: Il sondaggio da noi effettuato mostra che, complessivamente, coloro che stanno perdendo fiducia nella capacità di gestione dei governi sono più numerosi di quelli che, come risultato della crisi, vedono con maggiore predisposizione l’intervento statale.

Il sondaggio ECFR e l’analisi delle risposte date indicano che:

  • Solo il 29 per cento, a livello dei nove paesi europei, ha maggiore fiducia nello stato, valutando positivamente il comportamento del proprio governo. Il 33 per cento, sul fronte opposto, ha perso fiducia nel potere di governo valutando peraltro negativamente i risultati del proprio.
  • I numeri, tuttavia, non sono omogenei nei diversi paesi. Da un lato abbiamo la Danimarca, dove il 60% ha maggiore fiducia nel potere di governo valutando positivamente il comportamento del proprio, all’estremo opposto vi è la Francia dove il 61% ha sviluppato una minore fiducia nel governo in sé, con una percezione negativa del comportamento del proprio.

ILLUSIONE NUMERO 2: Il covid-19 ha prodotto una maggiore fiducia negli esperti

LA VERITA’: La maggioranza dei cittadini europei ha scarsa fiducia negli esperti e nelle autorità governative per quanto riguarda la crisi del coronavirus.

Il sondaggio pubblicato da ECFR indica che:

  • Solo il 35% è convinto che l’operato degli esperti abbia avuto un impatto positivo, mentre il 38% crede che esperti e autorità abbiano nascosto informazioni al pubblico, ed il 27% dichiara scarsa fiducia negli esperti in generale.
  • La fiducia negli esperti è più diffusa nel nord Europa, in particolare in Danimarca (64%) e Svezia (61%), dove è forte anche la fiducia nel governo.
  • È ai minimi in Francia (15%), Polonia (20%) e Spagna (21%).
  • La convinzione che esperti e autorità tengano segrete e nascoste le informazioni è più diffusa in Polonia (53%), Francia (47%), e Italia (46%).
  • È interessante notare che in Germania, nonostante il basso numero di contagiati e di decessi causati dal coronavirus, emerge un diffuso scetticismo nei confronti degli esperti e dubbi sulla loro indipendenza dal governo. Solo il 44% di chi ha dato una risposta ritiene ad esempio che la crisi del coronavirus abbia dimostrato l’utilità del parere degli esperti, mentre la maggioranza ha optato per risposte più scettiche.
  • In Italia, devastata dal virus, i risultati sono deprimenti. Neanche 1 intervistato su 4 (24%) crede nell’utilità del parere degli esperti. Il 30% peraltro è convinto che né gli esperti né le autorità abbiano le risposte al covid-19, e il 46% crede che questi soggetti non forniscano informazioni complete al pubblico.
  • In Francia, la fiducia negli esperti è elevata tra i sostenitori di Macron (48%), mentre più della metà di chi si riconosce nel Partito Socialista (52%) e nei Verdi (53%) ritengono che il governo nasconda informazioni.
  • Non sorprende forse che solo una piccola parte di chi vota per i partiti populisti giudichi utile il lavoro degli esperti: in Germania appena il 7% tra i sostenitori di Alternativa per la Germania, il 4% in Francia tra i sostenitori di Rassemblement National, il 12% della Lega in Italia, il 3% di Vox in Spagna, ritengono questi soggetti credibili.

ILLUSIONE NUMERO 3: La crisi ha causato una crescita sia dell’euroscetticismo nazionalista che del federalismo pro-europeo.

LA VERITA’: Non ha causato una crescita né dell’uno né dell’altro. Ha spostato il consenso a favore della cooperazione invece che dell’integrazione nell’UE finalizzata ad affrontare le minacce straniere.

Il sondaggio pubblicato da ECFR indica che:

  • L’opinione della maggioranza, in tutti e nove i paesi, è che la crisi evidenzia la necessità di una più stretta collaborazione futura tra i paesi membri UE. Questa visione è condivisa dal 63% degli europei, e la percentuale in Italia è del 76%.
  • Molti intervistati, in tutti i paesi considerati, ritengono però che la risposta della EU alla crisi sia stata insoddisfacente; in ciascun paese vi è una larga fascia, se non la maggioranza, secondo cui l’UE non è stata all’altezza della sfida. Tra questi paesi, il 63 per cento in Italia e il 61 per cento in Francia.
  • Ciò non ha tuttavia portato vantaggio al movimento populista, in particolare in Italia dove solo il 16% di chi ha risposto ha specificato che la performance della Lega di Matteo Salvini è “migliorata” durante la crisi.
  • In tutti I paesi, ampi gruppi della popolazione, quando non la maggioranza, hanno dichiarato che durante la pandemia non vi era nessuno ad aiutarli, o non hanno saputo dire chi sia stato più d’aiuto. Solo piccole minoranze hanno indicato l’ UE, le istituzioni internazionali, o Stati Uniti e Cina, principali partner economici dell’Europa, come alleati più utili. L’Italia costituisce un’anomalia: il 25% di coloro che hanno fornito una risposta specifica, hanno citato la Cina come alleato più collaborativo durante la crisi del coronavirus, e solo il 4% ha indicato l’UE.
  • Alla domanda come pensate che le cose dovrebbero cambiare in Europa, la maggioranza (52%) di chi ha risposto in tutti i paesi convolti ha dichiarato che l’UE dovrebbe garantire una risposta più coordinata alle sfide e minacce globali.  Questa è stata la scelta più opzionata in ogni paese.

Sulla base dell'analisi dei dati, Krastev and Leonard, autori dello studio, identificano tre principali gruppi di elettori europei, descrivendo i mondi differenti in cui questi gruppi si aspettano di vivere dopo il covid-19.

Il primo gruppo – definiti i “New Cold Warriors” – costituisce il 15% degli intervistati. Gli individui con questo tipo di visione del mondo si aspettano tipicamente un mondo bipolare, con gli Stati Uniti leader del mondo libero, e la Cina svolgendo il ruolo di leader di un asse autocratico che include stati quali la Russia e l’Iran. Un quarto (25%) degli intervistati in Italia si colloca in questo gruppo, così come un buon numero degli intervistati in Francia (18%), Polonia (16%) e Spagna (16%).

Il secondo gruppo – i cosiddetti “DIYers”, quelli che fanno da sé – comprende il 29% degli intervistati. Gli individui con questo tipo di visione del mondo tendono ad essere più apertamente nazionalisti; questo gruppo di elettori include chi crede che il proprio governo sia in grado di stringere alleanze di convenienza con altri attori internazionali per la difesa dei propri interessi. Include inoltre individui per cui l’isolazionismo nazionale non è una scelta ma un fatto inevitabile della vita. Queste persone non hanno, in generale, fiducia nella capacità del proprio governo, ma non vedono alcuna prospettiva di collaborazione efficace a livello europeo, né a livello globale. Curiosamente, in questo gruppo vi è una forte presenza di tedeschi, il 48% dei quali concorda sull’affermazione che il proprio paese può fare affidamento solo su sé stesso. Un notevole sostegno all'idea che sia necessario essere autosufficienti si trova anche in paesi dell'Europa settentrionale, in Danimarca (33%) e Svezia (39%), paesi che sono sempre stati storicamente conservatori su questioni di finanziamenti UE, allargamento dell'Unione ad altri stati, e maggiore attribuzione di poteri a Bruxelles. Il 26% degli Italiani rientra in questo gruppo.

Infine, il gruppo più folto e politicamente più rilevante, i “Sovranisti Strategici”, costituisce il 42% del campione. In questo gruppo gli individui tendono a pensare che il ruolo dell’Europa post covid-19 dipenderà dalla capacità della UE di agire come blocco aggregatore. Per loro, l’Europa non è più tanto un progetto basato su idee e valori, bensì una comunanza di destini che devono rimanere uniti per riconquistare il controllo sul proprio futuro. Tra gli appartenenti a questo gruppo vi è un interesse crescente ad occuparsi di temi ambientali, ed il ruolo dell’Europa nel mondo è visto come quello di un blocco progressista che dovrebbe farsi promotore di nuove iniziative. Questo gruppo ha una forte presenza in Portogallo, dove rappresenta il 77% degli intervistati, in Polonia (51%), Spagna (49%), Bulgaria (46%) e Francia (43%). In Italia gli appartenenti a questo gruppo sono solo poco più di un quarto (26%).

Krastev e Leonard concludono che la stragrande maggioranza degli europei siano essi del nord, del sud, dell’est o dell’ovest, chiedono una maggiore collaborazione a livello di UE, come reazione provocata dall’ansia circa la collocazione dell’Europa nel mondo. Essi mettono in guardia i legislatori di Bruxelles dall'interpretarla come un mandato a creare ulteriori strutture istituzionali. “E’ un’Europa di necessità più che di scelta”, dove il tema di “indirizzare l’energia a sostegno alla UE, passa più per il rafforzamento delle sovranità nazionali che non per il loro indebolimento”.

Commentando lo studio e il sondaggio condotto da Datapraxis e da YouGov in nove paesi membri della UE, Ivan Krastev, presidente del Centre for Liberal Strategies, ha dichiarato:

“La crisi del covid-19 rappresenta sicuramente il più importante esperimento sociale della nostra vita. È ancora troppo presto per prevedere quanto radicali saranno i cambiamenti indotti nelle nostre società, ma è già evidente che la pandemia ha modificato il modo in cui gli europei percepiscono il mondo esterno all’Europa e, di conseguenza, il ruolo dell’Europa nella loro vita. Il grande paradosso del covid-19 è che sia stata l’assenza piuttosto che non il successo dell’Unione Europea a dimostrare l’importanza della stessa durante la prima fase della crisi che ha costretto i governi ad attivarsi per una maggiore integrazione.”

Mark Leonard, fondatore e direttore di ECFR, ha aggiunto:

“La richiesta di maggiore collaborazione a livello europeo non scaturisce da un desiderio di avere ulteriori strutture istituzionali, ma piuttosto da una profonda ansia per la perdita di controllo in un mondo pieno di pericoli. È un’Europa di necessità, non di scelta. Il progetto europeo sta attraversando una fase di ridefinizione: non è un processo integrativo basato su ideali, ma sui destini. Più che i valori condivisi, è la geografia condivisa che orienta l’azione comune.”

L'analisi di Krastev e Leonard, pubblicato oggi, è parte di un più ampio programma e di uno studio che analizza i dati dei sondaggi sulle aspettative degli europei nel mondo post covid-19. Precedenti pubblicazioni del team “Unlock” di ECFR riguardano proiezioni su elezioni del Parlamento Europeo, la demistificazione fondata sui dati di argomenti oggetto di campagne di voto, studi sulla comunanza di temi tra partiti politici, e su come questioni chiave, quali il cambiamento climatico, il commercio, le migrazioni, e la difesa, possono essere gestite dalla UE. Maggiori informazioni e dettagli sui risultati del progetto si possono trovare su https://ecfr.eu/europeanpower/unlock.

 
 
 

ECFR non assume posizioni collettive. Le pubblicazioni di ECFR rappresentano il punto di vista degli autori.