Un punto di svolta a Malta? Un nuovo approccio alla gestione della migrazione

Il nuovo governo italiano e la speranza di rilanciare la questione migrazione in Europa 

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Un punto di svolta a Malta? Un nuovo approccio alla gestione della migrazione

di Maria Gargano, Pan-European Fellow, ECFR

 

L’Unione Europea si trova ormai da anni in uno stallo sulle negoziazioni degli accordi temporanei per la creazione di un meccanismo di solidarietà che ripartisca i migranti. Il neo-nato governo “Conte bis” sembra offrire un’opportunità per un cambio di passo. La scelta di nominare l’ex Prefetto di Milano Luciana Lamorgese per succedere a Matteo Salvini al Ministero dell’interno, fa avanzare l’ipotesi che questo governo sia pronto ad una discussione costruttiva con le sue controparti europee, abbandonando i toni accusatori dei mesi precedenti. Lunedì 23 settembre i ministri dell’interno di Italia, Francia, Germania, Malta e Finlandia si sono riuniti nella cittadina Maltese di Vittoriosa. Questo è il primo banco di prova per la costruzione di una coalizione di volenterosi tra gli stati UE, ma vi è la reale possibilità di fare dei passi in avanti?

La Commissione Europea, da giugno 2018, ha ufficialmente coordinato le procedure di sbarco e ricollocazione dei migranti presi in carico dalle ONG attive nelle operazioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo. Questa procedura viene innescata dalla richiesta dello stato nel quale la procedura di sbarco avrà luogo, creando le situazioni di incertezza e lunghi negoziati dei mesi scorsi. Per questo motivo la Commissione ha, sin dall’inizio, tentato di rendere questa procedura prevedibile attraverso la creazione di un meccanismo di ricollocazione automatico che ponesse fine alla situazione attuale.

Alla riunione informale del Consiglio giustizia e affari interni dello scorso luglio, la Francia e la Germania si sono fatte promotrici di un piano per rendere concreto questo meccanismo. L’obiettivo era la formazione di una coalizione di volenterosi che stabilisse un un meccanismo permanente incaricato di gestire tutti i casi di migranti presi in carico da navi private. Sempre secondo tale piano, i potenziali richiedenti asilo sarebbero fatti sbarcare nel porto sicuro più vicino, una proposta che ha reso le controparti maltese ed italiana, in prima linea su quest’ultimo punto, poco entusiaste del piano Franco-Tedesco. Durante la stessa riunione, viene infatti proposto un non-paper elaborato da Malta e dall’Italia nel quale si chiedeva di abbandonare il criterio del porto più vicino e di allargare la solidarietà anche in tema di ritorni.

L’incontro di Vittoriosa che ha visto presenti i ministri dell’interno di Francia, Germania, Italia e Malta sotto il coordinamento della ministra degli interni finlandese e del commissario per le politiche migratorie uscente, ha prodotto un paper di accordo preliminare. Tale accordo è un compromesso tra le due posizioni presentate a Luglio ad Helsinki e sarà esposto ai restanti stati membri alla prossima riunione dei ministri degli interni il 7 e 8 Ottobre in Lussemburgo.

L’accordo di compromesso presenta alcuni elementi di novità come ad esempio il limite di quattro settimane per la ricollocazione imposto agli stati membri, che va nella direzione di una maggiore efficienza richiesta da Emmanuel Macron. Un secondo elemento di novità è la rotazione volontaria dei porti per le procedure di sbarco: un elemento molto caro al governo Italiano, che tuttavia sembrava dover rimanere fuori dall’accordo finale.

Un terzo elemento da evidenziare è l’assenza della distinzione tra i così detti migranti economici ed i richiedenti asilo per quanto riguarda l’applicazione dell’accordo. Un punto che aveva creato un’importante linea di divisione tra gli stati costieri e gli altri, a cui contrariamente alla Francia, la Germania era pronta a rinunciare. Il modello che Parigi avrebbe voluto seguire è quello del meccanismo di emergenza per la ricollocazione del 2015, applicabile soltanto ai richiedenti asilo con una possibilità del 75 per cento e superiore di ottenere l’asilo.

I costi di ricollocazione, accoglienza e ritorno saranno poi a carico dello stato membro incaricato della ricollocazione. La bozza di accordo cita un limite, in casi di forte aumento negli arrivi di migranti, probabilmente inserito come clausola di salvaguardia che incoraggi il buon funzionamento del meccanismo data la natura volontaria, ma anche per favorire una buona gestione dell’accoglienza. Inoltre è stata inserita una clausola che ne prevede la sospensione in caso di sostanziale aumento negli arrivi.

Sono però le proposte di regolamento delle attività delle navi che effettuano ricerca e salvataggio ad essere la parte più audace dell’intero accordo. Queste prevedono una stretta, mirando a rinforzare l’importanza del diritto del mare, spesso ignorato nel corso dell’ultimo anno. Un’iniziativa questa, che richiama quella del Ministro dell’interno Marco Minniti che nell’estate del 2017 propose un codice di condotta per le ONG operanti nel Mediterraneo, rischiando ancora una volta di non vedere il quadro d’insieme e basandosi sull’ipotesi che le attività di ricerca e salvataggio costituiscano un fattore di attrazione, altrimenti detto pull factor, per i flussi migratori. Ad ogni modo, questo compromesso rappresenta un passo in avanti che premia il rinnovato spirito di cooperazione dimostrato dall’Italia.

Tuttavia, se il Consiglio giustizia e affari interni deciderà di non supportare l’accordo, questo rimarrà sulla carta. L’iniziativa Franco-Tedesca a Luglio aveva raccolto un discreto numero di consensi, con un buon numero di 14 stati membri, benché soltanto otto tra questi si erano offerti come immediatamente disponibili a prendere parte al meccanismo. Perché questa iniziativa si realizzi sarà necessario avere abbastanza stati membri da renderla sostenibile, allo stesso tempo sarà necessario che il contenuto dell’accordo sia accettabile ad un certo numero di paesi membri per attivare il meccanismo. Questa volta gli elementi dell’accordo potrebbero essere sufficienti per tutti: se ad esempio l’aumento dela prevedibilità nei movimenti secondari potrebbe essere favorevole per alcuni stati, per altri il limite di tempo delle quattro settimane potrebbe aiutare a superare le inefficienze del sistema ah-hoc. Tuttavia, è importante sottolineare che il ministro degli interni tedesco Seehofer ha voluto chiarire nella conferenza stampa successiva alla riunione, come le quote di migranti soggetti alla ricollocazione verranno stabilite in base al numero di paesi partecipanti.

In effetti, per come si presenta al momento l’accordo, potrebbe aiutare alcuni paesi che attualmente non ne sono parte a rinegoziare al propria posizione. Altro punto di interesse è evidenziare il fatto che seppure l’accordo preveda una limitazione temporale di sei mesi, la limitazione geografica al solo Mediterraneo centrale non è esplicitata. La domanda che viene da porsi è se questo dia occasione ad altri paesi come Spagna e Grecia di prendere parte all’iniziativa. Rimangono infatti i paesi con il più alto numero di arrivi via mare nel 2019, ma non presenti al tavolo di questa negoziazione.

Vittoriosa rimane certamente il primo passo di un percorso molto lungo, ma considerando le circostanze sarebbe stato difficile risolvere questa pluriannuale disputa nell’arco di una notte. La novità questa volta, che rianima le speranze, sembra essere una rinnovata apertura al dialogo, non soltanto da parte del governo italiano, ma anche nelle capitali di altri stati membri. Il tempo di nascondersi dietro alla confusione ed il disaccordo sembra essere passato. Menti aperte hanno più possibilità di trovare delle soluzioni rispetto a quelle chiuse, quindi forse la riunione di Malta è l’inizio di un nuovo capitolo delle negoziazioni sulle politiche migratorie dell’Unione. 

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