Tre motivi affinché l’Occidente non dimentichi l’Ucraina

L'Europa non può permettersi di lasciare morire la Nuova Ucraina, e lo slancio di un popolo che lotta per entrare in Europa dovrebbe essere fonte di ispirazione per la vecchia guardia affinché costruisca una Nuova Europa

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La scorsa estate, l’Ucraina era quasi uscita dal radar occidentale. Nella parte orientale del Paese era stata preparata una grande offensiva militare, e la trappola era quasi scattata; tuttavia non ci fu alcuna esplosione di combattimenti paragonabile allo spargimento di sangue del 2014. Da settembre è in vigore qualcosa di simile ad un cessate il fuoco, anche se con frequenti violazioni e con vittime. Nonostante l’accordo sia nuovamente a rischio di collasso, la crisi migratoria ha preoccupato sempre di più i leader europei, anche prima che le atrocità di Parigi di Novembre portassero ad un radicale cambio di agenda.

Ora, sebbene l’Occidente abbia altre priorità, l’Ucraina è comunque parte di un ampio scenario. Non può essere messa in secondo piano o lasciata cadere nel dimenticatoio. Questo per tre motivi.

Sacrificare l’Ucraina in cambio dell’intervento russo contro l’ISIS non funzionerà

La tentazione, specialmente per la Francia, di flirtare con Putin sulla Siria funzionerà solo nel brevissimo termine. Putin sta a Yin come Hollande a Yang. Putin è riuscito a fornire il linguaggio duro e l’illusione di quella risposta immediata che i leader occidentali agognavano ma che non potevano fornire per via di vincoli imposti dai loro sistemi politici e culturali. Anche solo dal punto di vista linguistico, Hollande ha parlato di “guerra”, ma non di “vendetta”, mentre Putin non ha avuto questi scrupoli: ha offerto quel bombardamento immediato che l’Occidente era lento ad organizzare –almeno nella sua versione televisiva- ed ha colmato il vuoto tra immediato sostegno simbolico ed effettiva partecipazione ai raid del Regno Unito di Dicembre.

Tuttavia, diversi politici occidentali, specialmente in Francia, si sono spinti ancora oltre, fino a sostenere l’idea della Russia come partner globale, mettendo così d parte l’intervento russo in Ucraina. In Ottobre, Nicholas Sarkozy aveva dichiarato a Mosca che “il mondo ha bisogno della Russia” rovesciando il famoso declassamento di Obama della Russia a “potenza regionale”e sostenendo che “il destino della Russia è di essere una grande potenza mondiale, non solo una potenza regionale”. Due giorni prima degli attacchi di Parigi, Frank-Walter Steinmeier aveva dichiarato: “Abbiamo bisogno che la Russia sieda al tavolo della responsabilità politica globale, per poter affrontare le sfide che ci si pongono in altre regioni del mondo. Lo dico pensando alla Siria, alla lotta contro il terrorismo internazionale ed all’architettura della sicurezza del Medio Oriente. Possiamo fare progressi solo con, e non senza, la Russia”. Tuttavia, non c’è niente in palio per la Russia in Siria oltre a un boost di pubbliche relazioni a breve termine e un rafforzamento dell’idea della Russia come “grande attore globale”. In questo, Mosca ha in parte avuto successo: ha rinnovato le proprie ambizioni globali ed è riuscita a distogliere l’attenzione interna, anche se solo temporaneamente, dall’ Ucraina. Tuttavia, come la Russia abbia sostanzialmente bombardato i nemici di Assad, non lo Stato Islamico. Inoltre, nonostante Putin abbia parlato molto di “vendetta”, il modo di procedere non è in realtà cambiato molto dall’abbattimento del Volo 9268. Ancora più importante, la Russia non ha cambiato obiettivi, neppure dopo le atrocità di Parigi del 13 Novembre, a parte qualche uscita a fini propagandistici. La Russia ha addirittura l’interesse, di breve termine, che lo Stato Islamico avanzi in Siria, per mettere ulteriore pressione sull’opposizione anti-Assad e per deviare i militanti del Nord-Caucaso. Non è quindi verosimile che la Russia si unisca ad alcuna coalizione anti-ISIS in alcun modo significativo. La priorità della Russia è assistere il regime di Assad ed i suoi alleati iraniani affinché stabilizzino il controllo ad Ovest e a Sud, oltre a cercare di limitare l’influenza americana e, al contempo, di espandere la propria. In Siria, la Russia sta godendo dei frutti della riforma militare post-2008, ma sta anche mostrando i propri limiti. Secondo l’esperto ECFR Gustav Gressel, “lo schieramento siriano non approfitta dei punti forti delle forze armate o della visione militare di Mosca, e l’opinione pubblica russa è diffidente di qualsiasi coinvolgimento diretto.  Infine, la Russia non ha una visione graduale degli scambi diplomatici. Vuole comprarsi un ‘pass’ per l’Ucraina e spostare l’attenzione dell’Occidente verso la propria posizione su Assad. Non è preparata a sacrificare tale posizione per avere la prima, e viceversa. La Russia collaborerà realmente in Siria solo se noi accetteremo la visione e le politiche di Mosca per la regione, visione che non prevede alcuna contrattazione. I discorsi sulla necessità di avere la Russia in Siria sono stati solo una scusa conveniente, un’opportunità per dare la colpa a Mosca per la mancanza di una valida politica occidentale; se l’avessimo avuta, la Russia avrebbe potuto fare ben poco per ostacolarla.

Lasciare l’Ucraina alla “sfera di influenza russa” non funzionerà

E non funzionerà neppure se ci si scorderà dell’Ucraina.

Una parte significativa della sinistra europea crede nel mito secondo il quale la causa principale della crisi ucraina sia stata l’espansione della Nato a guida statunitense. Una parte significativa della destra europea crede invece nel mito secondo cui la causa principale risieda in un’Unione europea “militarista ed espansionista” che ha esteso il suo progetto fallace a stati dell’Europa dell’est privi della capacità o del desiderio di adottare l’acquis, mentre l’UE non aveva né la capacità, né il desiderio di proteggerli dalla reazione della Russia.

In modo logico ma egualmente assurdo, entrambi gli estremi danno per scontato che la situazione sarebbe molto più stabile senza l'interferenza occidentale che in primo luogo ha causato il problema, cedendo de facto l’Ucraina ad una sfera di influenza russa, o presupponendo che l’Ucraina, sebbene sia uno stato nominalmente indipendente, sia costretta ad accettare Putin. In questo modo, l’Occidente deve cambiare se stesso: esso non ha la responsabilità, la capacità o il desiderio di costringere Putin a cambiare. A Putin non è stato detto di accettare la situazione in Ucraina. Tuttavia una “sfera di influenza” russa non costituisce una ricetta per la pace e la stabilità. Troppi ucraini si opporrebbero, sia per ragioni patriottiche che per la rinnovata corruzione e la perdita della prospettiva europea che da ciò ne deriverebbe.  Inoltre, la Russia non capirebbe i motivi di tale resistenza e risentimento, perché non comprende l’ostilità di un nuovo stato in via di formazione, che, sin dal 2013, ha rappresentato la forza motrice della rivoluzione in Ucraina. Il Cremlino riterrebbe che ogni atto di ribellione venga segretamente sostenuto dall’Occidente. In tal modo si tornerebbe allo scontro. Il problema non può essere sommessamente relegato ad una parte remota dell’Europa.

Gli stati deboli non vogliono dissanguarsi in un angolo. Concedere alla Russia ciò che vuole in Ucraina e altrove nel vicinato orientale equivarrebbe ad acconsentire alla campagna che la Russia chiama apertamente di “de-sovranizzazione”.

L’Occidente è in parte complice per il fatto di non prendere sufficientemente sul serio la piena sovranità di stati come l’Ucraina. Tuttavia la Russia non protesta per gli stati deboli o falliti che si trovano ai propri confini. Essa sta anzi contribuendo alla loro formazione. Spinta fino alla sua conclusione logica, la piena “desovranizzazione” svuoterebbe l’impalcatura dell’OSCE (dopo la non ottimale conclusione del 22° incontro ministeriale dell’OSCE tenutosi a Belgrado il 4 Dicembre), del WTO e persino del sistema di Bretton Woods, e tutto l’Occidente ne soffrirebbe. E laddove la Russia dovesse interpretare come un successo il proprio intervento, allora essa ricorrerà ancora agli stessi strumenti altrove. Quando, nel 2014, Putin è intervenuto per “proteggere” i russi nel paese, i disordini in Ucraina non rappresentavano un problema. È tuttavia più probabile che diventino un problema in una Ucraina isolata o dominata dalla Russia. Ci sono state numerose previsioni avventate secondo cui l’Ucraina stesse sviluppando un mix pericoloso di nazionalisti e oligarchi che sponsorizzavano milizie intente a proteggere i loro interessi. Tali previsioni potrebbero risultare affrettate. Gli ucraini hanno ancora un un’ammirevole senso di auto-moderazione, racchiuso nella frase “Puoi liberarti del presidente in carica Poroshenko, ma il prossimo presidente sarebbe Putin”. Tuttavia se si aggiunge ad uno stato debole e a politici opportunisti che hanno provato a conquistare popolarità saltando sul carro del recente blocco in Crimea ex post, si dispone di una miscela pericolosa e di un potenziale regalo alla propaganda russa. Il principale fattore che attualmente sta limitando potenziali disordini è dato dal legame tra questi stessi politici ed oligarchi e l’Occidente.

Un buon esempio potrebbe essere dato dai tatari della Crimea che sin dal 1960 godevano della più lunga tradizione di protesta non violenta dell'ex Unione Sovietica. Le continue previsioni circa l’eventualità di proteste violente e di una loro radicalizzazione si sono sempre rivelate errate, nonostante i ventitré anni di frustrazione vissuti sotto una Ucraina indipendente con le autorità di Kiev che non hanno mai appoggiato le loro cause come avrebbero dovuto. Tuttavia, i tatari sono ora in prima linea nel blocco della Crimea. Indipendentemente dal fatto che i loro attivisti abbiano fatto saltare la fornitura di energia elettrica o meno, essi hanno di certo bloccato le autorità dal ripristinarla in tempi rapidi. Ancora una volta, la migliore soluzione al problema dei tatari della Crimea risiede nell’internazionalizzazione del problema stesso.

 

È troppo presto per parlare di una “Ukraine Fatigue 2.0”

Il primo uso del termine “Ukraine Fatigue” è stato provocato dalla delusione seguita alla “Rivoluzione arancione” del 2004. Nel 2008-2010, i leader europei ed americani erano personalmente stanchi delle promesse non mantenute e delle macchinazioni dei politici ucraini, e l’elettorato ucraino era sufficientemente disilluso da votare Yanukovich.

L’eco di una “Ukraine Fatigue 2.0” è poi riecheggiato. La pazienza e l’attenzione occidentale sono diminuite e la noncuranza sul fronte domestico non aiuta. Le riforme stanno procedendo in modo terribilmente lento. Le accuse di corruzione, provenienti principalmente dall’ex presidente georgiano Mikheil Saakashvili, attuale governatore di Odessa, coinvolgono numerosi membri dell’attuale governo. Secondo alcuni, L’Ucraina rischia di diventare uno stato fallito. La dinamica interna questa volta è completamente differente. Durante la Rivoluzione arancione del 2004 le proteste erano finalizzate a garantire che venisse eletta la persona giusta. Viktor Yushchenko si è puntualmente insediato al potere e i manifestanti sono andati a casa, dopo aver riposto la loro fiducia in un piccolo numero di dirigenti risultati infine insofferenti, incompetenti e corrotti.  Le proteste di Euromaidan nel 2013-14 erano finalizzate a qualcosa di più che alla scelta di chi dovesse governare il paese. La società civile è molto più forte e non ha intenzione di andare via.

Può essere sconfortante pensare che il sistema ucraino nonostante abbia la capacità di ricompattarsi dopo un secondo tentativo di rivoluzione, non riesca tuttavia a farlo. Il sistema è molto più debole di prima, e deve ancora fronteggiare l'opposizione di un nuovo, energico, potente e organizzato settore civile, consapevole del fatto che la sola fiducia nei leader è un lusso insostenibile. Occorre lavorare per guidare il paese, o la rivoluzione andrà perduta.

L’Ucraina non può stabilizzarsi se non come una democrazia. Una stabilizzazione in senso autoritario è stata tentata, ma il risultato è stato la rivoluzione.

Lasciare l’Ucraina alla Russia o alle sue strategie probabilmente incrementerà le disfunzioni e i conflitti che creeranno un caos di cui dovremo occuparci. È meglio dunque impegnarsi sin dall’inizio.   Le forze favorevoli alla riforma sono abbastanza solide da continuare ad opporsi e da indebolire uno stato non riformista. Non sono tuttavia sufficientemente forti per avere successo senza l'aiuto internazionale. Potrebbe finire per essere fatalmente danneggiata, esternamente dall’aggressione russa, internamente qualora il volano delle riforme non partisse.  L'Ucraina potrebbe comunque essere una storia di successo e l'Unione europea ha tutto l'interesse affinché ciò avvenga.

Un mercato aperto di 45 milioni di persone fornirebbe una spinta enorme per la crescita europea. Il Deep and Comprehensive Free Trade Agreement, lungamente rimandato, entrerà in vigore a Gennaio 2016.

Le argomentazioni russe circa i danni al commercio russo-ucraino possono essere rigettate, dal momento che la guerra commerciale della Russia contro l’Ucraina ha già ridotto le quote di esportazioni ucraine dal 30 al 10 per cento. 

Se l'Ucraina riuscisse ad attuare bene le riforme potrebbe decollare come una economia di produzione a basso costo e come un hub tecnologico per l’economia europea, in disperato bisogno di nuove fonti di dinamismo. La spinta al commercio pan-europeo potrebbe rivaleggiare con quella dell’adesione delle economie dell'Europa centrale e del Baltico del 2004.

Un’ Ucraina di successo porterebbe anche la stabilità di cui necessita il vicinato, in un momento in cui l’UE è sotto pressione a causa di una implosione dell’ordine ai suoi confini.

L'Ucraina è un alleato fondamentale nel controllo dei processi migratori verso l’Europa. È probabile che sia i propri sfollati interni che i migranti vengano dislocati nel Nord della Turchia laddove l’accordo UE-Turchia dovesse durare. La cooperazione sull’Ucraina dovrebbe avvicinare ancor più UE e Stati Uniti.

Questa Nuova Ucraina sta lottando per nascere; la Vecchia Ucraina sta resistendo e la Russia sta cercando di soffocarla sul nascere. L'Europa non può permettersi di lasciare morire la Nuova Ucraina, e lo slancio di un popolo che lotta per entrare in Europa dovrebbe essere fonte di ispirazione per la vecchia guardia affinché costruisca una Nuova Europa.

 

Perché dovremmo interessarci dell’Ucraina

Due anni dopo che gli ucraini sono scesi in strada per combattere per l’indipendenza e la scelta europea, l'Ucraina si è dimostrata straordinariamente tenace di fronte di aggressione russa e alle massicce sfide legate alle riforme. La traiettoria del paese è tuttavia tutt'altro che definita. Potrebbe finire per essere fatalmente danneggiata, esternamente dall’aggressione russa, internamente qualora il volano delle riforme non partisse.  L'Ucraina potrebbe comunque essere una storia di successo e l'Unione europea ha tutto l'interesse affinché ciò avvenga.

Un mercato aperto di 45 milioni di persone fornirebbe una spinta enorme per la crescita europea. Il Deep and Comprehensive Free Trade Agreement, lungamente rimandato, entrerà in vigore a Gennaio 2016.

Le argomentazioni russe circa i danni al commercio russo-ucraino possono essere rigettate, dal momento che la guerra commerciale della Russia contro l’Ucraina ha già ridotto le quote di esportazioni ucraine dal 30 al 10 per cento. 

Se l'Ucraina riuscisse ad attuare bene le riforme potrebbe decollare come una economia di produzione a basso costo e come un hub tecnologico per l’economia europea, in disperato bisogno di nuove fonti di dinamismo. La spinta al commercio pan-europeo potrebbe rivaleggiare con quella dell’adesione delle economie dell'Europa centrale e del Baltico del 2004.

Un’Ucraina di successo porterebbe anche la stabilità di cui necessita il vicinato, in un momento in cui l’UE è sotto pressione a causa di una implosione dell’ordine ai suoi confini.

L'Ucraina è un alleato fondamentale nel controllo dei processi migratori verso l’Europa. È probabile che sia i propri sfollati interni che i migranti vengano dislocati nel Nord della Turchia laddove l’accordo UE-Turchia dovesse durare. La cooperazione sull’Ucraina dovrebbe avvicinare ancor più UE e Stati Uniti.

Questa Nuova Ucraina sta lottando per nascere; la Vecchia Ucraina sta resistendo e la Russia sta cercando di soffocarla sul nascere. L'Europa non può permettersi di lasciare morire la Nuova Ucraina, e lo slancio di un popolo che lotta per entrare in Europa dovrebbe essere fonte di ispirazione per la vecchia guardia affinché costruisca una Nuova Europa.

 

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