Tempesta incerta: un anno di intervento saudita nella guerra civile in Yemen

E’ trascorso ormai un anno dall’inizio di “Decisive Storm”, l’operazione militare condotta dai sauditi.

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 E’ trascorso un anno dall’inizio di “Decisive Storm”, l’operazione militare condotta dai sauditi, volta al ripristino del governo yemenita riconosciuto dalla comunità internazionale. Eppure, il conflitto nello Yemen – paese più povero del mondo arabo – rimane una guerra quasi sconosciuta.

Ciò non dovrebbe sorprendere: “Decisive Storm” ha segnato l’escalation di molti conflitti interni allo Yemen, già in atto da tempo e l'inizio di una guerra completamente nuova. Nonostante la scarsa attenzione ricevuta, il conflitto in Yemen rappresenta un momento cruciale per la regione, e per il mondo in generale, a causa delle potenziali conseguenze e degli attori in campo.

Un mix militare

In termini militari, la campagna saudita è stata un successo limitato. Gli Huthi e gli alleati sono in ritirata sotto tutti i punti di vista. In autunno erano stati tagliati fuori dalla maggior parte del sud del paese e a metà marzo hanno perso distretti chiave a Taiz, terza città dello Yemen. Gli Huthi e i loro alleati, tra cui l'ex presidente Ali Abdullah Saleh e i suoi fedelissimi militari, hanno perso terreno dopo l'inizio del conflitto. Gli avversari – un mix di milizie tribali, combattenti irregolari e unità dell'esercito fedeli al presidente Abd Rabbu Mansour Hadi riconosciuto dalla comunità internazionale – hanno gradualmente sfruttato il potere aereo della coalizione guidata dai sauditi, oltre che l'addestramento militare e gli aiuti diretti.

 Sebbene la coalizione e gli yemeniti siano riusciti a vincere la battaglia contro gli Huthi, obiettivo finale della campagna, un “ritorno alla legittimità” – ossia il ripristino del controllo del governo nella capitale e delle istituzioni statali dell'amministrazione Hadi – è tutt'altro che imminente.

Nonostante il governo Hadi e gli alleati possano vantarsi di controllare il 75-80% dello Yemen, la realtà è ben diversa. C'è una ragione per cui un gruppo di funzionari dell'amministrazione Hadi, fisicamente operativo nel paese, viva confinato nel palazzo presidenziale di Aden, capitale provvisoria.

Entrano ed escono da una area pesantemente protetta, vera e propria zona verde yemenita, in elicottero.

 Nonostante il governatore e il capo della sicurezza della città, recentemente nominati, abbiano fatto progressi nel garantire la sicurezza ad Aden, i militanti legati ad al Qaeda sono ancora in grado di approfittare del vuoto di potere creato dalla guerra, provocando un’incessante richiesta di operazioni militari saudite per spingere i militanti fuori della città. Tuttavia, al di fuori di Aden i militanti di Al Qaeda sono stati capaci di consolidare il controllo nella capitale provinciale di Mukalla, il terzo porto più grande dello Yemen e la quinta città del paese, creando strutture governative ed espandendosi nelle province occidentali di Abyan e Shabwa.

Sebbene forze tribali anti-Huthi abbiano registrato progressi significativi nel ​​Marib e nello al-Jawf, aree tribali del nord dove la resistenza alle incursioni Huthi è stata più cruenta, la battaglia per la conquista delle due province si è arenata in una situazione di stallo virtuale.

Incursioni sporadiche da parte delle forze anti-Huthi nel distretto di Nihm, all’interno del governatorato di Sanaa, non danno l'impressione che la capitale corra il rischio di cadere. In breve, la stragrande maggioranza degli altipiani del nord-ovest dello Yemen, la base di potere tradizionale Huthi, rimane saldamente sotto il controllo degli Huthi e degli alleati. Nonostante la retorica ricorrente della “liberazione” imminente di Sanaa, alcuni analisti hanno l'impressione che sia facile, o possibile per tutti, rimuovere gli Huthi e i loro alleati, con mezzi militari, dal controllo della capitale e dei suoi dintorni, isolandoli nella loro provincia natale di Saada, senza provocare ulteriore distruzione e spargimento di sangue. Nonostante la portata e la potenza della coalizione, una vittoria risolutiva ai danni degli agguerriti Huthi deve ancora aver luogo.
 

La disintegrazione di una nazione

Chi governerà lo Yemen alla fine del conflitto erediterà una nazione in uno stato di crisi di profondità quasi incomprensibile. Vale la pena sottolineare come lo Yemen, prima dell'inizio della guerra, non solo fosse già estremamente povero, ma anche sull'orlo del fallimento finanziario. Se la guerra dovesse finire nelle prossime settimane o mesi, con il danno che lo Yemen ha subito, ci vorranno anni, se non decenni per ricondurre lo Yemen ad uno status valutabile come “sottosviluppato”.

 Gran parte delle già inadeguate infrastrutture dello Yemen sono stato completamente distrutte. Le strade principali sono state letteralmente cancellate dagli  attacchi aerei, mentre gli scontri e i  sabotaggi hanno lasciato città chiave con livelli isolamenti infrastrutturali misurabili in giorni e settimane, anziché in ore. La capacità industriale dello Yemen, allo stesso modo, è stata profondamente danneggiata. Le principali fabbriche, luogo di lavoro di centinaia di yemeniti e foriere di qualche briciolo di autosufficienza, in un paese dipendente dall’importazione, sono state bombardate e ridotte in macerie. In tutto il paese, centinaia di migliaia di bambini non vanno a scuola, milioni di padri di famiglie hanno perso posti di lavoro e circa 15 milioni di persone – più di metà della popolazione del paese – non hanno cibo sufficiente.

La maggior parte di quelli rimasti sono troppo poveri per abbandonare il paese, intrappolati dall’irrigidimento dei confini nei paesi vicini.

Gran parte della classe medio-alta dello Yemen, d'altra parte, è già fuggita dal paese, mentre la maggioranza delle famiglie imprenditoriali del paese – figure che saranno fondamentali in qualsiasi processo di ricostruzione – hanno iniziato, già da parecchio tempo, la liquidazione dei loro beni nel paese. Per fortuna, la Banca centrale yemenita è riuscita a evitare il crollo dello Rial yemenita grazie agli sforzi significativi degli attori internazionali, degli impiegati di banca e ad una rara collaborazione tra i rappresentanti delle fazioni in guerra nel Paese. Tuttavia gli esperti del settore bancario continuano ad esprimere preoccupazioni sulla capacità di prevenire la svalutazione a lungo periodo – e l'inflazione di massa – paventando una reazione a catena che, in modo progressivo, aggraverebbe la crisi economica e umanitaria della nazione. Neanche il patrimonio culturale del paese è stato risparmiato: decine di siti storici sono stati distrutti o danneggiati dal conflitto. Il passato dello Yemen, il suo presente e il futuro sono stati lentamente inceneriti. 
 

Quest’ultimo aspetto è forse il più significativo. Il trauma psicologico e sociale che la guerra ha lasciato, ha avuto ripercussioni maggiori degli effetti fisici e finanziari che la crisi ha causato​​. Gli edifici e le fabbriche possono essere ricostruiti, le strade e linee elettriche possono essere ripristinate. Tuttavia, l'effetto meno tangibile seppur estremamente indicativo della durata del conflitto saranno le profonde ombre gettate sullo Yemen per un futuro incerto.

Quasi tutti i partiti politici e le fazioni si sono frantumati in diversi gruppi. Anche coloro che, sulla carta, sono rimasti uniti, presentano evidenti divisioni interne.

Lo Yemen è diviso come non lo è mai stato nella sua storia moderna. Quasi ogni passo falso possibile è stato fatto. Gli effetti devastanti della campagna Houthi-Saleh nel sud e la loro continua marginalizzazione hanno spinto le forze secessioniste del sud ad un irrigidimento della loro posizione secondo cui un unità è inconcepibile. Le tensioni celate tra il centro e il nord dello Yemen sono venute allo scoperto vistosamente. Punti di vista settari, un tempo pronunciati dagli estremisti nei circoli privati, vengono ora pubblicamente annunciate pubblicamente da figure politiche tradizionali e funzionari, nei canali televisivi satellitari e sui giornali. Anziché collocarsi sui diversi fronti del conflitto politico, gli yemeniti sembrano essere sempre più divisi sul fronte regionale: gli yemeniti del nord hanno accusato gli attacchi aerei sauditi della distruzione ai danni degli alleati del regno. Gruppi schierati dalla stessa parte del conflitto sono sempre più ostili tra loro. Le divisioni in fazioni tra le componenti regionali, politiche e ideologiche della “resistenza” contro gli Huthi stanno uscendo allo scoperto e le tensioni silenziose tra gli Huthi e i sostenitori di Saleh stanno emergendo.

Passi futuri

Nonostante la natura disastrosa della crisi in cui versa lo Yemen c'è molto che può essere fatto dagli attori internazionali, sia per migliorare la situazione attuale che per spingere le fazioni verso il ritorno alla cooperazione politica, in particolare alla luce dei crescenti segnali di apertura da parte alcune fazioni rilevanti.

A fronte dell’inimmaginabile tragedia umana vissuta dagli yemeniti, gli attori internazionali devono fare tutto il possibile per alleviare le sofferenze dei civili yemeniti. Sebbene le numerose agenzie umanitarie continuino a svolgere un lavoro enorme nel paese, esse sono sensibilmente vincolate nella loro capacità di rispondere alle sfide della crisi attuale: il finanziamento delle Nazioni Unite per la richiesta umanitaria in Yemen è rimasto insufficiente. Inoltre, gli attori internazionali devono continuare ad usare la propria influenza per convincere i combattenti ad aderire al diritto umanitario internazionale e richiamare l'attenzione sulle violazioni umanitarie.

Nonostante la natura spinosa del conflitto, recenti passi in avanti – in particolare l'attuazione di una tregua di confine tra l'Arabia Saudita e gli Huthi – dimostrano un potenziale apertura. Per i principali attori internazionali è obbligatorio continuare a sostenere sia il processo politico mediato dall'ONU che la mediazione condotta dagli attori regionali, sempre che questa rimanga più discreta
Il sostegno ai prossimi colloqui delle Nazioni Unite in Kuwait e il relativo cessate il fuoco sarà cruciale. E’ importante che gli attori internazionali imparino dagli errori delle deboli passate tregue e lavorino per assicurare un più trasparente e robusto processo di monitoraggio del cessate il fuoco, al fine di individuare i gruppi che violano la pace e, potenzialmente, giudicarli responsabili.  Detto questo, l'apertura a strumenti diplomatici meno convenzionali – se complementari – è di vitale importanza: la tregua sul confine a Saada dimostra il forte potenziale dei tradizionali meccanismi di risoluzione dei conflitti tribali. Alla luce delle tensioni tra l'Arabia Saudita e l'amministrazione Obama, l’influenza del Regno Unito nel Paese è più importante che mai. Allo stesso tempo, va sottolineato come l'Unione europea rimanga uno dei pochi attori visto positivamente da tutte le principali parti interessate in Yemen. Questo dato colloca l'Europa in una posizione di forza, sia per agevolare i colloqui in corso, che per sostenere le fazioni più importanti nella costruzione di un governo post conflitto inclusivo.

Rimane altrettanto importante che gli attori internazionali riconoscano i propri limiti. Fino a quando le fazioni più importanti saranno convinte che fare la guerra sia in linea con i loro interessi, il rischio è che rimangano contrarie a qualsiasi potenziale soluzione pacifica, in particolare in assenza di una significativa pressione internazionale. A livello più ampio, resta fondamentale essere consapevoli delle profonde fratture tra i diverse gruppi. Mentre il governo yemenita riconosciuto a livello internazionale può parlare in nome delle varie fazioni anti-Huthi, queste rimangono in gran parte unite solo in virtù del loro comune nemico, presentando ideologie e obiettivi molto diversi. Ancor più significativo, i secessionisti del sud dovranno avere la garanzia di un ruolo significativo nel processo di pace che tenga in considerazione i loro meriti; promesse semplicistiche di decentramento e ipotesi sulla realizzazione di un piano federale non sono sufficienti. Nel complesso, non è possibile comprendere appieno lo stato disastroso dello Yemen, e anche una volta finito l'attuale conflitto ci vorranno enormi sforzi coordinati per ricostruire il paese.

Tuttavia è fondamentale che la difficoltà di queste sfide non sia utilizzata come pretesto per disimpegnarsi. La terribile situazione nel paese potrà solo peggiorare qualora lasciata senza controllo; gli effetti scuoteranno la regione e il mondo intero, anche a causa delle cellule attive affiliate ad Al Qaeda e della loro posizione strategica.
 

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