Sahel, cambiamento climatico e conseguenze per l’Europa

Il Sahel potrebbe trarre vantaggio dalla creazione di nuove istituzioni multilaterali capaci di diminuire l’instabilità nella regione risolvendone i problemi ambientali

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Il drammatico prosciugamento del Lago Chad ha avuto pesanti ricadute sulla regione del Sahel, non da ultimo contribuendo a provocare danni ambientali e disastri umanitari tra cui fame e siccità. Il degrado ambientale ha esacerbato il conflitto e la migrazione nel Sahel, spesso con effetti diretti sulle coste europee.

Le questioni ambientali agiscono come “moltiplicatori”, aggravando i vettori sociali, economici e politici dell’instabilità. E lo fanno accentuando l’insicurezza legata all’approvvigionamento di cibo e acqua, riducendo il terreno arabile disponibile per l’agricoltura, e aumentando la tensione rispetto alla scarsità delle risorse.

In passato, i policy maker si sono impegnati nella risoluzione dei vari problemi ambientali nel Sahel soprattutto attraverso una prospettiva di sviluppo. Ciò è vero ancora oggi. Per esempio, a febbraio, l’Alleanza per il Sahel ha presentato al gruppo dei paesi G5 piani per investire 6 miliardi di euro in fondi di sviluppo tra il 2018 e il 2022. Da un lato, l’Alleanza per il Sahel comprende Francia, Germania, Italia, Spagna, Regno Unito, l’Unione Europea, la Banca Mondiale, la Banca di Investimenti Africana, e il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo. Dall’altro, il G5 del Sahel è una struttura regionale composta dal Burkina Faso, Mali, Mauritania, Niger e Chad. L’Alleanza afferma che “la pace e lo sviluppo [nella regione del Sahel] vanno di pari passo”.

La sicurezza climatica ed alimentare sono aspetti essenziali del lavoro dell’Alleanza per il Sahel. L’investimento in queste aree ha avuto un impatto positivo, e un’agenda per lo sviluppo con una prospettiva di lungo periodo assumerebbe un’enorme importanza per assicurare una stabilizzazione duratura. Inoltre, dal momento che i problemi ambientali hanno una natura prevalentemente moltiplicatrice, piuttosto che essere “cause primarie” di conflitto e migrazioni, esistono validi argomenti per mantenerli all’interno dell’agenda per lo sviluppo.

Tuttavia, l’approccio tarato su una prospettiva di sviluppo sottovaluta il potenziale di un’agenda focalizzata su tematiche ambientali che contribuisca più direttamente alla mitigazione dell’instabilità nella regione. In un’ottica più preoccupante, analizzare le sfide ambientali solo attraverso lo sviluppo non permette di rilevare le minacce di lungo periodo che emergono dal cambiamento climatico.

Gli stati regionali e i membri della comunità internazionale devono cominciare a prepararsi attivamente alla possibilità che il cambiamento climatico diventi esso stesso causa primaria di instabilità e conflitto nel medio periodo. Per questo, accanto agli sforzi per lo sviluppo regionale, si potrebbe trarre un beneficio immediato e di lungo termine dall’adozione di una politica proattiva che si occupi delle sfide ambientali da una prospettiva di sicurezza.

In primo luogo, nuove o già esistenti organizzazioni dovrebbero considerare la possibilità di sviluppare dei meccanismi per permettere alle migliori pratiche di collaborazione tra attori regionali ed internazionali di affrontare l’impatto destabilizzante del degrado ambientale. Gli Stati europei si trovano nella posizione giusta per coadiuvare o supportare la creazione di tali istituzioni, sia da un punto di vista finanziario che attraverso un supporto di consulenza.

Le competenze di tali istituzioni regionali dovrebbero includere: la regolazione dell’uso delle risorse idriche comuni; la codificazione dei processi per la risoluzione delle dispute che emergono tra gli stati che condividono le stesse riserve d’acqua di superfice; o lo sviluppo di un’agenda regionale condivisa per affrontare le sfide legate alla scarsità di risorse idriche.  

Mentre gli sforzi per lo sviluppo sono spesso localizzati, un’agenda che affronta questioni ambientali condivise potrebbe offrire nuovi spazi di collaborazione tra l’Europa e la regione, così come tra i vari attori regionali. Per esempio, porre fine alla scarsità di risorse idriche è una questione che ha ricadute sia per la regione del Sahel che per il Nord Africa. Se da un lato il Sahel ha preoccupazioni ambientali immediate, dovute al processo di desertificazione e all’aumento delle temperature, dall’altro, anche il Nord Africa affronterà le proprie sfide ambientali nel medio e breve termine. La scarsità d’acqua ha già provocato proteste in Marocco e ha significativamente aumentato le tensioni tra Egitto ed Etiopia.

La cooperazione tra i paesi del Sahel e il Maghreb è un prerequisito per affrontare le sfide transnazionali non ambientali, come il contrabbando, il traffico di esseri umani, i conflitti e i flussi migratori. Le politiche destinate a risolvere la migrazione e il conflitto nel Sahel sono state, fino a questo momento, altamente politicizzate, con risposte dai Paesi europei e del Nord Africa ritenute spesso in competizione tra loro ed orientate ad un rendiconto personale.

Le istituzioni regionali che si concentrano sulla mitigazione delle instabilità ambientali potrebbero creare opportunità di coinvolgimento che siano meno politicizzate e capaci di aggirare le rivalità regionali, in primo luogo tra i pezzi grossi nordafricani che si contendono il potere nel Sahel, contribuendo a facilitare la collaborazione altrove. In più, con l’avanzamento del cambiamento climatico, è possibile che tale collaborazione assuma un valore reale e di lungo termine. Le istituzioni multilaterali che si pongono l’obiettivo di mitigare e prevenire i danni ambientali diventeranno attori fondamentali per ridurre le future instabilità causate direttamente dal cambiamento climatico.

L’esperienza dimostra il crescente collegamento tra danni ambientali e conflitto. Sulla base di questo, sarebbe imprudente continuare a confinare le questioni ambientali in un’agenda tarata su politiche di sviluppo, piuttosto che espanderne il raggio d’azione per includere anche aspetti legati alla sicurezza. Le organizzazioni come le Nazioni Unite hanno lentamente cominciato ad intraprendere i primi passi per dimostrare di riconoscere la capacità del degrado ambientale di creare instabilità.

Promuovere una maggiore cooperazione regionale sui temi ambientali avrebbe il potenziale di rafforzare la capacità europea e regionale di collaborare su questioni fondamentali legate a conflitti e migrazioni nel lungo termine.

Tuttavia, pone anche le basi per il medio periodo, quando il cambiamento ambientale permetterà alle considerazioni di carattere ambientale di dare maggiore forma alle politiche europee di stabilizzazione per la regione.

È essenziale per l’UE concentrare maggiore attenzione sulle questioni ambientali, che attualmente hanno un ruolo secondario rispetto ai problemi più evidenti legati ai conflitti, ma che diventeranno fattori di destabilizzazione maggiore rispetto al passato. 

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