Rifugi infernali: come dovrebbe l’UE proteggere i rifugiati durante la crisi Covid-19

Anche se sotto forte pressione per l'attuale crisi, l'UE non deve deludere le aspettative degli sfollati più vulnerabili. 

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La crisi Covid-19 ha messo in ombra la situazione precaria di molti rifugiati nell’Unione Europea e nel suo vicinato, così come di quelli più lontani che stanno cercando di raggiungere l'Europa. Solo poco tempo fa, l'escalation del conflitto a Idlib e la decisione del Presidente turco Recep Tayyip Erdogan di aprire il confine tra Turchia e Grecia ha reso nuovamente la questione migratoria una priorità assoluta per i leader europei. Sebbene l'Ue stesse ancora lavorando per riformare il sistema di asilo e di migrazione e avesse bisogno di concordare un'equa distribuzione dei rifugiati tra gli Stati membri, i principali leader europei avevano almeno segnalato l'intenzione di trasferire altrove i rifugiati più vulnerabili dai campi sovraffollati nelle isole greche – noti come “hotspots“. Il Covid-19, tuttavia, ha bruscamente interrotto questi sforzi.

Il 16 marzo, la morte di un bambino in un incendio nel campo profughi di Moria – che ospita circa 20.000 persone nonostante sia stato progettato per accoglierne meno di 3.000 – ha dimostrato i rischi per chi vive in queste strutture. Da allora, con la diffusione del Covid-19 in quasi tutto il mondo, le Nazioni Unite e le ONG hanno denunciato come i campi profughi sovraffollati siano particolarmente vulnerabili a un'epidemia del virus, con conseguenze incontrollabili. A causa della natura della crisi, non è in gioco solo il benessere e la dignità dei rifugiati nei campi, ma anche quella della popolazione locale, che ha solo un accesso limitato ai servizi medici.

L'impatto del coronavirus sui rifugiati va oltre l'imminente rischio di infezione. La crisi ha spinto gli Stati europei a ritardare l'attuazione della recente decisione di accogliere i rifugiati più vulnerabili. Questo include il trasferimento di 1.600 rifugiati non accompagnati in Germania e in altri Paesi dell'UE, che però hanno ora temporaneamente chiuso le frontiere. La cancellazione di quasi tutti i voli in Europa ha anche contribuito a fermare le operazioni di reinsediamento, comprese quelle promulgate dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM).

La crisi del Covid-19 ha inizialmente alimentato il favore per le soluzioni nazionali, limitando il coordinamento a livello europeo. Questo potrebbe seriamente compromettere il già fragile concetto di sovranità europea del blocco, a meno che gli Stati membri dell'UE non comincino ad agire insieme per contenere le conseguenze della crisi. I populisti di tutta Europa si sono rallegrati della chiusura delle frontiere e dei limiti all'accesso dei richiedenti d’asilo, demonizzati sistematicamente per anni. Il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha addirittura sostenuto l’esistenza di un “legame tra coronavirus e migrazione illegale”. In Germania, Alternative für Deutschland ha affermato che “il mito delle frontiere che non possono essere chiuse si è dimostrato sbagliato”, mentre un gruppetto di estremisti di destra hanno tenuto una manifestazione alla Porta di Brandeburgo con striscioni con la scritta “salviamo le nostre frontiere”.

Mentre i governi europei cercano di proteggere le proprie popolazioni, le restrizioni a circolazione e ingresso colpiscono duramente i rifugiati. Mentre i rifugiati hanno ancora il diritto legale di chiedere asilo, la chiusura delle frontiere e il blocco quasi totale delle agenzie europee per l'asilo impediscono loro di farlo. Le ONG in tutta Europa stanno funzionando al minimo indispensabile, con conseguenze anche sulle operazioni di salvataggio nel Mediterraneo, dato che i volontari rimangono a casa a causa del coronavirus. Infine, con il mondo che potrebbe affrontare anni di recessione, il Covid-19 potrebbe avere un impatto devastante sul sostegno finanziario alle operazioni delle ONG e dell'UNHCR che già scarseggiano di finanziamenti.

Anche se sotto forte pressione per l'attuale crisi, l'UE non dovrebbe deludere le aspettative degli sfollati più vulnerabili. Il blocco (compresi Commissione Europea e Stati membri volenterosi) dovrebbe dimostrare di essere in grado di proteggere i diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo, anche dotando le autorità dei mezzi necessari per gestire la crisi. Questa risposta di emergenza potrebbe essere incentrata sulle tre seguenti fasi.

In primo luogo, le autorità dovrebbero evacuare immediatamente gli hotspots per prevenire un disastroso scoppio di Covid-19, come richiesto dalla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo. Idealmente, dovrebbero trasferire i richiedenti asilo in alloggi decentrati sulla terraferma (comprese le strutture di quarantena, se necessario), come richiesto dall'ONU prima che la minaccia della pandemia diventasse imminente. Fino a quando non ci saranno progressi con i trasferimenti, l'Europa dovrà urgentemente migliorare le condizioni nei campi e aumentare le capacità mediche in loco. In questo, l'UE e gli Stati membri devono sostenere Grecia e Italia, le cui economie sono messe particolarmente sotto pressione dalla crisi. Paesi come la Germania hanno indicato di essere pronti a continuare con i piani di trasferimento anche durante la crisi, cosa che dovrebbero fare al più presto per proteggere i rifugiati più vulnerabili. Come dimostrano le operazioni su larga scala che gli Stati membri dell'UE hanno intrapreso per rimpatriare i propri cittadini dall’estero, i trasferimenti sono possibili anche nell'attuale crisi.

In secondo luogo, l'UE dovrebbe fornire un pacchetto umanitario d'emergenza per aumentare drasticamente il sostegno finanziario ad agenzie, come l’UNHCR e l'Organizzazione Mondiale della Sanità, che devono affrontare notevoli tagli di bilancio. Ciò andrebbe incontro alle loro immediate necessità di finanziamento per proteggere i rifugiati dal Covid-19 e migliorare le loro condizioni generali di vita. Lo sforzo potrebbe essere finanziato dal Meccanismo di protezione civile dell'UE e dagli altri strumenti di finanziamento europei, poiché è nell'interesse urgente del blocco prevenire la diffusione della malattia nei campi profughi del vicinato.

Infine, l'UE dovrebbe contrastare le fake news e i tentativi di demonizzare i rifugiati e i richiedenti asilo. I leader europei devono sottolineare che il continuo isolamento dei richiedenti asilo nei campi in Europa aumenta i rischi anche per i cittadini dell'UE. In ultima analisi, il Covid-19 fornisce un altro chiaro esempio di come l'UE abbia bisogno di una politica comune in grado di proteggere i rifugiati. Un'azione sostanziale in un momento di crisi indicherebbe che una tale politica è possibile.

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