Può l’Europa diventare una potenza nucleare?

Solo con un forte impegno in un serio dibattito sulle proprie responsabilità sulla propria sicurezza.

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“Abbiamo bisogno di una bomba?”, chiedeva lo scorso mese la prima pagina del Welt am Sonntag, una tra le più importanti testate tedesche. In un saggio dello stesso giornale, l’esperto di politica Christian Hacke ha risposto “sì”, facendo notare come, “per la prima volta dal 1949, la Repubblica Federale della Germania non è più sotto la protezione nucleare degli Stati Uniti.”

È incredibile come la Germania anti-nucleare e pacifista stia accarezzando tali idee. Per settant’anni, i paesi dell’alleanza NATO sono rimasti della convinzione che, in circostanze estreme, il Presidente degli Stati Uniti sarebbe stato pronto a rischiare la distruzione di Chicago per proteggere Berlino. Eppure, il catastrofico attacco estivo all’Europa di Donald Trump – con il quale ha fatto presente ai leader alleati che, se le potenze europee non si muovono adeguatamente, gli Stati Uniti potrebbero “agire per conto proprio” – ha reso questa convinzione insostenibile.

Nel frattempo, la determinata campagna di aggressione di Vladimir Putin contro gli interessi europei, e le sue ripetute dimostrazioni di esser pronto a difendere la potenza russa con tutti i mezzi possibili, hanno confermato il bisogno per gli europei di possedere una deterrenza nucleare credibile – unica alternativa all’accettazione di uno stato di continua intimidazione.

Ma una bomba tedesca? Nessuno la vorrebbe: né gli alleati della Germania né tanto meno la comunità internazionale, la quale è consapevole del fatto che la salvaguardia del Trattato di non Proliferazione Nucleare (TNP) è nell’interesse comune dell’umanità, e non, più significativamente, in quello dei soli tedeschi. Tuttavia, le armi nucleari di Francia e Regno Unito possiedono la capacità tecnica di fungere da deterrente per l’Europa.

L’idea che le forze nucleari francesi ed inglesi possano diventare una sorta di “deterrente europeo” non è affatto nuova. A voce bassa, Parigi e Berlino ne hanno parlato già in diverse occasioni nel corso del ventesimo secolo; la Germania ha addirittura glissato la sua ratifica del TNP nel 1974 riservando la possibilità della “creazione di un’Unione europea con delle capacità appropriate”.

È certamente difficile immaginare che nel futuro immediato venga proposto o accettato un deterrente nucleare franco-inglese a protezione degli alleati e partner europei. Il Regno Unito, dopo di tutto, è nel pieno del piano di uscita dall’Unione, il che non ispira di certo fiducia; dall’altro lato, invece, la Francia non si impegna neppure a rimettere le sue forze nucleari alla NATO. Per quanto riguarda i potenziali beneficiari, la maggior parte di loro (come è reso chiaro da un report ECFR sulle attitudini europee nei confronti della deterrenza nucleare) non ha avuto bisogno di pensare al nucleare a partire dalla fine della guerra fredda, e vorrebbe che le cose rimanessero così.

Ma di sicuro, Trump e Putin hanno già fatto abbastanza: non ci vorrà ancora molto per far sì che diventi insostenibile per gli stati europei mettere la testa sotto la sabbia, e che si ritrovino forzati a confrontarsi su cosa effettivamente richiederà la loro recente dichiarata ambizione di creare una “autonomia strategica”.

E quanto alle due potenze nucleari, la Gran Bretagna potrebbe farcela ad uscire vittoriosa dalla Brexit con la sua promessa ad “impegnarsi incondizionatamente” a mantenere intatta la sicurezza europea; al contrario, la Francia ha un presidente giovane che ha sostenuto l’autonomia strategica e non è spaventato da nette dipartite. In aggiunta, i due paesi hanno già intrapreso dei timidi passi verso delle garanzie nucleari reciproche: il preambolo del Trattato di Cooperazione Militare tra Francia e Regno Unito firmato a Lancaster House nel 2010, afferma che qualsivoglia minaccia agli “interessi vitali” di una parte costituirà un’uguale minaccia per la controparte.

Qualora desiderino offrirsi come garanti comuni della sicurezza europea, Regno Unito e Francia hanno una sola strada da percorrere: rafforzare il partenariato nucleare (includere, ad esempio, la propulsione nucleare, e i target comuni), e sviluppare una politica congiunta di carattere dichiarativo per rendere esplicito che gli “interessi vitali” di altri partner europei, sono fatti coincidere, in effetti, con i propri.

Naturalmente, per avere credibilità laddove ha realmente importanza – ovvero agli occhi del potenziale aggressore – tale “deterrenza estesa” richiede che entrambi le parti si mettano d’accordo per dimostrare coerentemente la fiducia reciproca. Qui è la NATO ad aver stabilito il modello. I garanti del nucleare devono coinvolgere i beneficiari in tutti gli aspetti della dottrina nucleare, sviluppo delle politiche e pianificazione, condividendo così i rischi e gli oneri rilevanti. Nella NATO, questo significa fornire basi e aereo mobili per trasportare le bombe nucleari; nel contesto europeo, Francia e Regno Unito hanno una capacità soprattutto di natura sottomarina, per cui la condivisione dei costi potrebbe essere un’alternativa adeguata.

“L’eurodeterrenza” potrebbe non vedere mai luce. Ma Regno Unito e Francia dovrebbero prepararsi a questa possibilità, rafforzando la partnership esistente sul nucleare e ribadire che gli interessi vitali dell’Europa sono sempre più congruenti con i propri. Le altre potenze europee, nel frattempo, dovrebbero venire allo scoperto e riprendere un dibattito serio sulle proprie responsabilità in merito alla propria sicurezza. La speculazione popolare in merito alla possibilità di una bomba tedesca potrebbe non sopravvivere oltre la scarsità di notizie del periodo estivo – ma, nondimeno, è stata una provocazione ben accolta.

ECFR non assume posizioni collettive. Le pubblicazioni di ECFR rappresentano il punto di vista degli autori.