Perché la Crimea conta? Le soluzioni imperfette dell’Europa

“Da trent'anni cerchiamo di integrare la Russia nella comunità internazionale, e ora la stiamo isolando nuovamente” Queste parole, pronunciate da un funzionario britannico, riassumono il disappunto e lo smarrimento della diplomazia occidentale nel gestire la crisi con la Russia. 

“Da trent'anni cerchiamo di integrare la Russia nella comunità internazionale, e ora la stiamo isolando nuovamente” Queste parole, pronunciate da un funzionario britannico, riassumono il disappunto e lo smarrimento della diplomazia occidentale nel gestire la crisi con la Russia. L'occidente sta valutando due opzioni, entrambe imperfette: non reagire all'aggressività territoriale russa, o reagire così pesantemente da compromettere l'equilibrio internazionale che per cinque decenni ha garantito l'ordine globale. Mentre i manifestanti filo-russi dichiarano una “repubblica popolare” nella città ucraina di Donetsk, i leader occidentali si sforzano nel dissuadere Putin dall'espandersi al di là di Crimea. L'occidente ha bisogno di capire come le sue azioni siano viste oltre il Cremlino. Le conseguenze della crisi in Crimea possono infatti essere più visibili a livello globale che nei paesi post-sovietici.

Nel discorso del 18 marzo, Putin ha espresso tre idee che gli europei hanno sempre respinto, sin dalla seconda guerra mondiale: il nazionalismo non attenuato dal senso di colpa della guerra; l'identità definita dall'etnia, piuttosto che dalla geografia o dalle istituzioni; e il conservatorismo sociale basato sulla religione.

 

Eppure queste idee rimangono tuttora popolari fuori dai confini occidentali. E' sufficiente guardare al Medio Oriente, dove Iran e 'Arabia Saudita difendono il proprio “popolo” oltre le frontiere. La Cina potrebbe un giorno voler difendere i propri cittadini all'estero.

 

E' su questo modello che Putin si proclama difensore dell'etnia russa. Malgrado gli altri paesi considerino le azioni della Russia come poco incisive, potrebbero comunque fare simili tentativi. Gli alleati dell'America potrebbero anche reagire in modo preoccupante qualora dovessero perdere fiducia nella deterrenza occidentale. Recentemente ho avuto modo di parlare con strateghi militari a Tokyo e Seoul i quali sono rimasti delusi dalla reazione dell'occidente alla minaccia espansionistica russa. Si prevede che in Giappone e Corea del Sud i falchi della sicurezza potrebbero richiedere nuove armi nucleari come copertura contro il ritiro americano.

Se i tentativi dell'occidente di preservare la propria credibilità appaiono troppo goffi, potrebbero anche scatenare disordini, soprattutto qualora l'occidente isolasse la Russia dall'economia mondiale e dalle istituzioni che la governano. Negli ultimi decenni, le potenze occidentali hanno beneficiato delle istituzioni internazionali da loro stesse progettate e controllate; hanno esercitato influenza politica, minacciando di escludere i paesi dall'economia globale; hanno fatto uso di sanzioni per paralizzare l'economia iraniana, quella birmana e quella serba; e, infine, hanno utilizzato l'accesso ai loro vantaggi economici come leva per il cambiamento politico. Le nazioni dell'Europa centrale e orientale sono state costrette ad implementare 80.000 pagine di legislazione europea, dai diritti dei gay al codice genetico dei fagioli di soia, al fine di aderire all'Unione europea e avere accesso al suo mercato unico.

E' questa esperienza che ha portato l'occidente a credere nella capacità trasformativa delle sue istituzioni. I paesi occidentali citano spesso il favore espresso verso le norme come prova del loro cosiddetto “soft power”. Ma la realtà è che l'accoglienza di queste norme ha avuto molto a che fare con il potere duro del capitale, la tecnologia e l'accesso ai mercati.

 

La crescita nelle ex colonie occidentali, come India, Cina e Brasile, non ha portato al rovesciamento di tali istituzioni. Questi paesi hanno a malincuore sostenuto le sanzioni per punire l'Iran e la Corea del Nord.

 

Ciononostante le potenze emergenti sono infastidite dal modo in cui l'occidente ha utilizzato le istituzioni globali per promuovere i propri interessi. In riposta, tendono sempre più ad aggirare tali istituzioni attraverso la creazione di accordi bilaterali. Basti pensare a come l'importanza del WTO sia stata ridotta, mentre emerge una nuova generazione di accordi commerciali bilaterali e regionali. Nel G20, i cosiddetti BRICS hanno formato un nuovo gruppo di lavoro per promuovere un programma anti-occidentale. Se l'occidente dovesse utilizzare le istituzioni per agire contro la Russia, le potenze emergenti potrebbero schierarsi con Mosca. Secondo il Professore Juan Cole, dell'Università del Michigan, un tentativo da parte del Presidente Obama di sanzionare il nono paese dell'economia mondiale potrebbe diminuire il potere finanziario americano. Cole si chiede: Chi vorrebbe un regime di cambio internazionale della valuta dominato dagli Stati Uniti, se si è consapevoli che in ogni momento potrebbe essere utilizzato contro di voi?”

Il discorso di Putin ha sottolineato come l'occidente sia incoerente nel rispettare le norme internazionali – sostenendo il principio di non ingerenza quando gli altri intervengono, ma sviluppando poi nuove norme per giustificare i propri interventi, come nel caso del Kosovo e dell'Iraq. La critica di Putin in merito all'ipocrisia occidentale risuona in molti paesi non occidentali, come abbiamo visto il 27 marzo durante il voto delle Nazioni Unite sull' annessione della Crimea. Il risultato sembrava una sconfitta per Putin: 100 paesi hanno condannato l’invasione, mentre una dozzina di paesi secondari (guidati da Corea del Nord e Venezuela) hanno votato dalla parte di Putin. Ma quando si guarda a quali paesi si sono astenuti dal voto, la Serbia e il Kosovo per esempio, così come potenze emergenti come il Brasile, India e Cina, il quadro diventa meno roseo.

 

Questa è l'essenza del dilemma che l'occidente sta affrontando. Reagire troppo docilmente significherebbe incoraggiare l'ulteriore espansione territoriale e la corsa agli armamenti regionali. Ma reagire troppo decisamente produrrebbe il rischio che altri paesi screditino sempre più le istituzioni globali, smussando il potere occidentale. I piccoli eventi possono avere enormi e impreviste conseguenze. L'assassinio di un arciduca nei Balcani ha portato alla dissoluzione dell'impero tedesco, russo, austro-ungarico e ottomano. L'annessione della Crimea potrebbe dare inizio alla dissoluzione dell'ordine internazionale fin qui guidato dall'occidente.

 

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