Le insidie del “ponte levatoio”

Mark Leonard, Direttore di ECFR, sugli effetti degli attacchi di Bruxelles sul dibattito Brexit

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Prima ancora che cominciasse la campagna referendaria per restare nelll’UE o uscirne, Peter Kellner sosteneva che il risultato più plausibile sarebbe potuto essere la vittoria del “Sì” all’Unione Europea.

Immaginando un voto ravvicinato, Kellner sosteneva che gli indecisi sarebbero stati persuasi da due fattori: la credibilità dei sostenitori del “Sì” (con, in testa, David Cameron per gli elettori conservatori) e la paura di fare una scelta rischiosa (disse, infatti, che anche gli elettori critici verso l’UE si sarebbero rivolti ad essa in caso di mali peggiori). C’era, tuttavia, un caveat importante alle tesi di Kellner: gli eventi. Cosa sarebbe potuto accadere ai sostenitori dell’UE alla luce di impreviste “catastrofi” come la crisi dell’Euro o un attacco in stile Parigi? “In quel caso” aveva predetto Kellner “i pericoli del Brexit sarebbero certamente apparsi meno spaventosi”. Sembra quindi che a breve lo scopriremo.

Anche prima dell’attacco alla stazione di Malbeek, alcuni dei sostenitori del Brexit avevano già strumentalizzato gli eventi a Bruxelles. Il giornalista del Telegraph Allison Pearson twittava che Bruxelles era “la capitale del jihadismo europeo” e faceva appello agli elettori di votare per il Brexit. Il portavoce dell’UKIP, Mike Hookem, incolpava Schengen degli attacchi – malgrado il fatto che questi, stando alle informazioni disponibili al momento, fossero stati commessi da cittadini belgi.

Tuttavia, l’intervento più deciso è venuto da Richard Dearlove, a capo del MI6 tra il 1999 ed il 2004. Quest’ultimo ha sottolineato come il danno in termini di condivisione di informazioni di intelligence derivante dal Brexit dovrebbe essere basso, dal momento che gran parte della cooperazione di intelligence si fonda su accordi bilaterali. Inoltre, “Il Brexit porterebbe due guadagni in termini di sicurezza potenzialmente importanti: la possibilità di abbandonare la Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo e un maggiore controllo sull’immigrazione proveniente dai paesi dell’Unione Europea.

Tuttavia, la domanda è: è ancora attuale il quadro descritto da Richard Dearlove dieci anni fa sulla situazione della sicurezza?

L’aspetto più significativo da comprendere, comunque, è che, nonostante le numerose discussioni su Bruxelles come capitale del jihadismo, dieci anni fa il mondo parlava di una “Londonistan”. Il Regno Unito era considerato l’anello più debole nella catena dell’antiterrorismo europeo. Con gli attacchi del 7/7, emerse che i terroristi erano cresciuti all’interno del Paese, e non fuori: tuttavia fu la membership nell’Unione Europea a permettere di dare la caccia ai responsabili. Grazie al Mandato d’Arresto Europeo, il Regno Unito è stato in grado di estradare dall’Italia uno degli attentatori, Hussain Osman.

Scopriamo inoltre come alcune delle figure più importanti ingaggiate per mantenere sicuro il Regno Unito da quando Dearlove si era ritirato – dipendenti per le agenzie di intelligence, forze di polizia, e del settore della giustizia penale – sembrano pensarla esattamente all’opposto di Dearlove.

L’ex capo del Government Communication Hedquarter, Sir David Omand, si è inserito nel dibattito per contraddire le affermazioni di Dearlove, sostenendo che il Regno Unito “In termini di sicurezza avrebbe perso, e non guadagnato dal Brexit”. Quest’ultimo ha anche sostenuto che lasciare l’UE “metterebbe a rischio” la condivisione di informazioni tra intelligence. Al cuore della questione sembra esserci il fatto che il cosiddetto Stato Islamico e gli altri gruppi criminali operano tra le frontiere: la polizia e le agenzie di intelligence non dovrebbero quindi diventare prigioniere delle frontiere nazionali.

Come mi disse Pauline Neville-Jones, già presidente del British Joint Intelligence Committee e ministro per la Sicurezza e l’Antiterrorismo, “tirare su il ponte levatoio significa portare il controllo sulle frontiere esattamente davanti la nostra porta: tuttavia noi vorremmo allontanare tale possibilità”.

Neville-Jones afferma che essere nell’Unione Europea permette al Regno Unito di spingere le proprie frontiere nella giurisdizione di altri stati membri. Consente al Regno Unito di far sì che le autorità di frontiera fermino le persone dal salire su aerei o treni.

Cosa dire allora dell’affermazione di Dearlove, secondo cui la condivisione di informazioni di intelligence più vicina al Regno Unito sta comunque avendo luogo comunque fuori dall’UE, con i cosiddetti Five Eyes (Australia, Canada, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti). Questa cooperazione costituisce la più importante manifestazione di condivisione di condivisioni di informazioni tra intelligence. Eppure, tutti i partner del gruppo Five Eyes vogliono che la Gran Bretagna rimanga nell’UE. Inoltre, con riferimento agli attacchi di jihadisti o altri terroristi è verosimile che il Regno Unito dipenderà dalla condivisione di informazioni di intelligence con Germania e Italia piuttosto che con il Canada e gli Stati Uniti.

Dearlove sostiene che qualora il Verfassungsschutz tedesco avesse informazioni circa un imminente attacco a Londra, non le nasconderebbe ai colleghi inglesi solo perché il Regno Unito non è più un membro dell’UE.

Tuttavia gli esperti con cui ho parlato affermano che gran parte della condivisione di informazioni di intelligence avviene “a monte” e non al momento in cui un attacco è pianificato. Ora che l’Europa prova a imparare alcune lezioni dai recenti attacchi ci sarà un tentativo comune di far lavorare meglio tra loro le agenzie. Sarebbe certamente meglio che la Gran Bretagna sedesse al tavolo in cui si discuterà di tale processo.

Secondo Neville-Jones la condivisione di informazioni tra intelligence è possibile grazie ad accordi bilaterali o multilaterali: una cooperazione di polizia, simile a quella offerta dalla membership dell’UE è ben più difficile da attuare. Richiede un dialogo continuo, quotidiano, ad un livello impossibile al di fuori dell’UE. L’Europol, l'agenzia europea finalizzata alla lotta al crimine dell'UE, è diventata una arma decisiva nella lotta al crimine internazionale, alla droga e a quello informatico. La polizia europea si scambia impronte, marcatori genetici, targhe di veicoli. Nel corso degli ultimi cinque anni, il Mandato d’Arresto Europeo ha permesso di mandare a giudizio 650 persone, inclusi 51 presunti killer e almeno 62 ricercati per molestie sessuali. Questi mandati hanno anche favorito un’incredibile riduzione del tempo necessario all’estradizione: da una media di un anno a 48 giorni.

Anche Rob Wainwright, direttore dell’Europol, ha preso parte al dibattito sulla sicurezza – dichiarando alla trasmissione BBC Today che “La proporzione ed il livello dell’integrazione che il Regno Unito ha con i propri partner europei in questo ambito è considerevole. Ne vedo quotidianamente i benefici per le autorità di polizia britanniche”. Ha dichiarato inoltre che oltre al vantaggio del Mandato d’Arresto Europeo, la polizia inglese ha anche avuto accesso al database contenente i dettagli di 300 mila individui, tra criminali ricercati e persone scomparse.

Saprà il dibattito pubblico riflettere i punti di vista degli esperti della sicurezza nazionale? Gideon Rachman ha scritto un articolo interessante sul Financial Times sostenendo che mentre le argomentazioni dei sostenitori del “sì” all’Europa hanno maggiore potenza intellettuale, i Brexiters hanno trovato un modo per rendere le loro rivendicazioni semplici ed intuitive. Ha, inoltre, criticato i sostenitori del “sì” per le loro argomentazioni solide ma inutilmente complesse: “Se spieghi, perdi” ha detto.

Tale affermazione è particolarmente vera nel dibattito sulla sicurezza dove i Brexiters sono in grado di far risuonare l’allarme per far alzare il “ponte levatoio”. Nelle settimane che verranno, vedremo come il dibattito tra i sostenitori dell’Europa evolverà al fine di rendere le argomentazioni meno complesse e più intuitive. L’istinto iniziale dei bookmaker è stato quello di ritenere l’attacco a Bruxelles favorevole ai sostenitori dell’uscita. Tali attacchi hanno fatto aumentare la possibilità del Brexit dal 33 al 36 %. Nei prossimi mesi vedremo come il dibattito che ne è scaturito influenzerà tale questione.

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