La crisi migratoria non riguarda soltanto la Merkel

È necessario guardare al sistema dei partiti della Germania – incluso Alternativa per la Germania, il più grande partito dell’opposizione – per comprendere le rotture interne.

In vista del cruciale Consiglio Europeo del 28-28 giugno, Angela Merkel ha affrontato il Bundestag tedesco per definire l’approccio di governo al summit. Le politiche di immigrazione e asilo sono tornate a minacciare il ruolo da cancelliera della Merkel dopo i mesi movimentati del 2015-2016 in cui la crisi migratoria toccò il suo culmine.

Come ha analizzato Josef Janning la scorsa settimana, al contrario di quanto avveniva due anni fa, a dare oggi impulso non è la presenza di immigrati che tentano di raggiungere l’Europa in grandi numeri, ma piuttosto una crisi politica sull’immigrazione e su questioni identitarie insite alla grande coalizione di appena tre mesi di vita guidata dalla Merkel. Gli accordi raggiunti al Consiglio Europeo di questa settimana daranno sicuramente alla Merkel margine di manovra per calmare la crisi all’interno del suo governo. Ma le nuove spaccature emergenti nelle politiche della Germania non si chiuderanno all’improvviso.

Il dibattito riguardo la crisi politica del governo tedesco si focalizza spesso sulla Cancelliera. Gli analisti sembrano aver realizzato che perfino la potente leader tedesca in carica negli ultimi dodici anni lascerà un giorno il palcoscenico; e se si dovesse dimettere a causa di un dramma politico nazionale – non sarebbe una dimissione piuttosto “non da Merkel”? La Merkel non ama il conflitto aperto e, quando può, lascia il dramma agli altri.

Ma ben al di là del futuro di questa particolare cancelliera (e del suo più acerrimo critico all’interno del suo gabinetto, il ministro degli interni bavarese Horst Sehoofer), l’attuale crisi illustra dei cambiamenti nel panorama politico della Germania, un paese che ha conquistato la reputazione di faro della stabilità in Europa. Quando la Merkel si è recata a Bruxelles per presenziare all’incontro dei leader della famiglia del Partito Popolare Europeo prima del Consiglio Europeo, e dopo avere reso noto la sua posizione politica al Bundestag nello stesso giorno, ha portato con sé tutto il peso di un sistema di governo sotto stress.

L’arrivo di un nuovo partito di estrema destra nella scena politica è stato uno shock per la cultura politica della Germania.

Fino ai primi anni ottanta, solo tre partiti – i partiti fratelli CDU-CSU, il SPD e i Liberaldemocratici – avevano un seggio nel Parlamento tedesco. In coalizioni alternate tra loro, questi partiti hanno dato forma ai successivi governi della Repubblica Federale. Il 1983 non ha soltanto segnato l’inizio dell’era Kohl, ma ha anche assistito all’entrata di un nuovo partito in Parlamento, Die Grünen (I Verdi), ancora presente oggi a Bonn, nella Germania occidentale. Questa è stata la prima aggiunta a sinistra nella scena politica. La riunificazione del 1990 ha poi portato all’interno del Bundestag il Partito del Socialismo Democratico (PDS), con un elettorato principalmente proveniente dalla Germania orientale. All’indomani delle riforme del mercato del lavoro di quella che sarà la coalizione dei Socialdemocratici e dei Verdi, è emerso un nuovo movimento di sinistra che nel 2007 si è fuso con il PDS dando vita al Die Linke (La Sinistra). Tutto ciò ha lasciato il Bundestag tedesco con cinque partiti – sei (inclusi i conservatori della regione della Bavaria) – alla vigilia delle elezioni federali del 2017.

L’ultima aggiunta è stata l’Alternative für Deutschland (Alternativa per la Germania), entrato in Parlamento nel settembre 2017. L’arrivo di un nuovo partito di estrema destra ha portato non solo ad un’ulteriore frammentazione del Bundestag, che ora racchiude sette partiti, ma è stato anche uno shock per la cultura politica di un paese che ha mostrato una notevole sensibilità al suo passato Nazionalsocialista vissuto nel ventesimo secolo.

Ciò rende l’AfD una sfida ulteriore per il governo è il fatto che sia il più ampio gruppo all’opposizione in parlamento, con 92 seggi su 709 totali. Data la solida maggioranza di cui gode il governo, questo numero potrebbe sembrare insignificante. Tuttavia, il fatto di essere il maggior partito dell’opposizione dà all’AfD il diritto di, ad esempio, rispondere per primo alle dichiarazioni in parlamento dei partiti in carica. Non si dovrebbe sottovalutare l’impatto che può avere la presenza dell’AfD nel Bundestag, sulla cultura politica in Germania in generale, e sul discorso politico. Come hanno affermato José Ignacio Torreblanca e Mark Leonard nel 2014, l’impatto più forte di questi nuovi partiti emergenti “potrebbe essere sulle tradizionali politiche dominanti.”

La crisi attuale è illustrazione di ciò. L’AfD non si limita a mettere a dura prova soltanto i partiti conservatori del CDU e CSU, ma, al momento, è qui che la sfida è reale. “Non ci deve essere nessun partito democraticamente legittimato alla destra del CSU”: questo mantra spesso citato, frutto dell’ex primo ministro bavarese Franz-Josef Strauß, è più tardi riemerso con forza tra i circoli conservatori, dal momento in cui i sondaggi hanno dimostrato che l’AfD è pronto ad entrare nel parlamento bavarese alle elezioni in ottobre 2018.

Il CSU ha adottato una linea più rigida sulle questioni migratorie. Questo è già da qualche tempo un dilemma per la Merkel anche all’interno del suo partito, il CDU. In prospettiva di una perdita della maggioranza in Baviera nell’ottobre 2018, e del probabile arrivo dell’AfD all’assemblea parlamentare di Monaco, il CSU ha incrementato le tensioni all’interno del governo federale nell’elaborazione delle politiche d’immigrazione e asilo ad un punto tale da fare della rottura tra CDU e CSU non più un tabù. Al momento, tale scenario rimane poco probabile, dato che entrambi i partiti sono ben a conoscenza dell’impatto che potrebbe avere sulle loro rispettive abilità di formare delle maggioranze di governo a livello federale – e la Merkel è per ora riuscita ad addomesticare le critiche dei conservatori all’interno del proprio partito. Tuttavia, le crepe sono profonde.

Gli avvenimenti attuali in Germania vanno ben oltre a ciò che potrebbe diventare il ‘canto del cigno’ di un leader ancora potente. Essi dimostrano le linee di una battaglia più ampia sull’identità e l’orientamento futuro del sistema di partiti della Repubblica federale

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