Italia: un cambiamento reale e duraturo è realizzabile

Pier Luigi Bersani che, pur arrivando primo nelle ultime elezioni senza esserne reale vincitore, incontrerà il Capo di Stato, Giorgio Napolitano, per ricevere da lui il mandato (pieno o esplorativo) per dare vita al nuovo governo. La missione “quasi-impossibile” di Bersani sarà quella di accertarsi della possibilità di garantire una maggioranza (solida abbastanza da sopravvivere al voto di fiducia) al Senato, già avendola alla Camera. Le prospettive non sembrano essere promettenti

Pier Luigi Bersani che, pur arrivando primo nelle ultime elezioni senza esserne reale vincitore, incontrerà il Capo di Stato, Giorgio Napolitano, per ricevere da lui il mandato (pieno o esplorativo) per dare vita al nuovo governo. La missione “quasi-impossibile” di Bersani sarà quella di accertarsi della possibilità di garantire una maggioranza (solida abbastanza da sopravvivere al voto di fiducia) al Senato, già avendola alla Camera. Le prospettive non sembrano essere promettenti.

Il PDL di Silvio Berlusconi ha fatto appello a Bersani affinché dia vita ad una grande coalizione in grado di implementare le misure considerate più urgenti per il Paese. Tuttavia il Partito Democratico ha più volte rifiutato questa proposta: la parte più di sinistra e anti-berlusconiana del partito non comprenderebbe le ragioni di ciò che gli italiani chiamano “inciucio” (benché sarebbe interessante capire se il rifiuto sarebbe  indirizzato anche nei confronti di un PDL senza Berlusconi). Senza il supporto del PDL, la scelta di Bersani potrebbe cadere su Mario Monti, ma quest’opzione risulta incompatibile con l’orientamento del suo alleato, Sinistra Ecologia e Libertà, da sempre  sempre opposto alle stringenti misure di austerità imposte dal governo guidato da Monti stesso. Escludendo dunque quest’ultimo, resta da considerare la Lega Nord, alleata di Berlusconi e drasticamente ridotta alle ultime elezioni. Anche questa soluzione è stata esclusa con l’elezione a Presidente della Camera di Laura Boldrini, precedentemente portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), particolarmente attento alle questioni legate all’immigrazione. Questo lascia dunque Bersani con un’ultima scelta: i 54 senatori eletti nelle fila di Beppe Grillo.

Ora è arrivato il momento di capire se Grillo si assumerà la responsabilità dei voti ricevuti a beneficio dell’Italia e di un profondo cambiamento. Sabato scorso, dieci “grillini” hanno rotto le regole. Hanno sfidato la decisione concordata in seno al Movimento5Stelle di non votare per nessuno dei due candidati proposti alla Presidenza del Senato: Renato Schifani, il quale ha accompagnato Silvio Berlusconi sin dall’inizio della sua lunga parabola politica; e l’ex procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, ora candidatosi con il Partito Democratico. I voti dei senatori grillini hanno consentito a quest’ultimo di vincere nella corsa per la seconda carica dello Stato.

I 10 senatori grillini sono stati travolti dal fuoco amico del Movimento. Per tutta risposta, hanno replicato che non avrebbero mai potuto fare ritorno in Sicilia se avessero contribuito alla ri-elezione di Schifani al posto di un simbolo dell’antimafia nazionale. Quei senatori sono stati coraggiosi abbastanza da dimostrare che davvero un cambiamento può avvenire. Sì, può avvenire anche in Italia e può avvenire adesso.

Oggi due tra le più importanti cariche istituzionali elette non provengono dal sistema partitico che Grillo vuole smantellare. Laura Boldrini (la terza donna ad occupare il posto di Presidente della Camera nella storia della Repubblica italiana), 51 anni, è stata portavoce dell’UNHCR. Pietro Grasso ha dedicato la sua vita alla lotta alla mafia e alla corruzione nel Sud Italia, avendo collaborato anche con due vittime delle mafie: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Una delle prime decisioni concrete prese dai due neo Presidenti è stata la riduzione del 30% delle proprie retribuzioni – essendo questo un tema particolarmente dibattuto oggi in Italia. E’ dunque venuto il momento di farsi carico di un impegno istituzionale che va oltre le loro precedenti esperienze professionali e umane.

Sarebbe davvero un peccato se l’Italia e i suoi parlamentari non si assumessero la responsabilità di formare un governo e non permettessero a quel graduale mutamento gia iniziato di consolidarsi. Benché ci sia una gran fibrillazione da parte dei media attorno ai grillini in Parlamento, l’Italia deve soprattutto prendere immediate misure economiche e trovare soluzioni ai problemi della disoccupazione, alla stretta creditizia, all’evasione fiscale e alla corruzione.

L’Europa è in attesa che la bella addormentata si svegli, che trasmetta in modo inequivocabile il segnale che la sua credibilità è solida (e di questo si deve accordare il merito a Mario Monti) e possa affermare che colui che è destinato ad essere l’interlocutore dovrà farsi carico di proporre riforme sostenibili.

Mentre il sud dell’Europa sta bruciando, l’Italia non può perdere troppo tempo a curarsi dei propri equilibri interni. Già l’attende un’importante scadenza da affrotare molto presto: in aprile il governo dovrà presentare all’attenzione della Commissione europea un piano, realistico e ben dettagliato, di liquidazione del proprio debito commerciale (€70 miliardi) che lo Stato deve pagare alle imprese – un fattore cruciale per il rilancio della crescita economica.

Chi presenterà questo piano? Dovrà essere un governo affidabile e influente. La credibilità di un governo non rappresenta solamente una questione di natura interna: è il fattore chiave che consente ad un Paese di ottenere la fiducia dei propri partner europei e di garantirsi un margine di flessibilità che non gli sarebbe concesso altrimenti.

Nel suo messaggio d’insediamento, il neo Presidente della Camera Laura Boldrini ha ricordato che “L’Italia fa parte del nucleo dei fondatori del processo di integrazione europea. Dovremo impegnarci ad avvicinare i cittadini italiani a questa sfida, a un progetto che sappia recuperare per intero la visione e la missione che furono pensate con lungimiranza da Altiero Spinelli. Lavoriamo perché l’Europa torni ad essere un grande sogno, un crocevia di popoli e di culture, un approdo certo per i diritti delle persone”; d’altro canto, il collega, Pietro Grasso, ha dichiarato che “siamo tra i fondatori dell’Unione, il nostro compito è portare nelle istituzioni comunitarie le esigenze e i bisogni dei cittadini. L’Europa non è solo moneta ed economia, deve essere anche incontro di popoli e culture.”.

Tutto ciò mostra come l’Europa sia la Stella polare per le nuove istituzioni italiane e, allo stesso tempo, quale grande rilevanza assuma il cambiamento che sta avvenendo in Italia per l’Europa stessa. Le condizioni sono propizie e mai si è verificato in Italia un simile momento. Se l’Italia non sarà in grado di dar vita a un nuovo governo, quest’opportunità storica potrebbe andare sprecata e il Paese potrebbe crollare in una profonda crisi. È venuto il momento per mutare la retorica del cambiamento in politica concreta. La composizione di entrambe le Camere è stata sostanzialmente modificata, e in un modo che non si era mai verificato sinora. Ad esempio, se si dà uno sguardo alla proporzione dei seggi assegnati alle donne rispetto alle elezioni del 2008, ci si accorge di una crescita dal 21% al 32% nella Camera dei deputati e dal 19% al 30% nel Senato. L’età media nel Parlamento, inoltre, è ora di 48 anni – cioè sette anni in meno rispetto alla media del 2008.

I mutamenti positivi che sono avvenuti devono essere conservati. Riconosciamo al Movimento5Stelle il merito di aver avviato questo processo e spinto i partiti tradizionali a fare un cambiamento che probabilmente non avrebbe altrimenti avuto luogo. Allo stesso tempo, il Movimento è responsabile de facto della minaccia di instabilità che affligge il Paese: il suo leader, Beppe Grillo, ha sinora rifiutato qualsivoglia forma di compromesso.

Tuttavia, è il momento di porre fine a questo periodo che può paradossalmente definirsi sia post- che pre-elettorale. Il tempo degli slogan e della propaganda è finito. L’Italia non può più sopportarlo, così come l’Europa non può attendere oltre il risveglio di uno dei suoi membri fondatori.

 

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