I rischi del no-deal: la sicurezza europea post Brexit

La possibilità che la Brexit si concluda senza nessun accordo si fa concreta, rischiando di arrecare danni ad entrambe le parti, specialmente nel campo della difesa e sicurezza

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A meno di sei mesi dalla data stabilita per il ritiro del Regno Unito dall’Unione europea, le parti non hanno ancora trovato un’intesa in merito alle condizioni di uscita. Stando alle dichiarazioni di Michel Barnier, il principale negoziatore dell’UE, lo scorso luglio l’accordo sulla Brexit era completo all’80%. Il processo potrebbe tuttavia bloccarsi ancora (nonostante Londra lo ritenga improbabile). Ad esempio, il Parlamento europeo – con cui, perlomeno, Barnier si è sempre consultato nel corso delle negoziazioni – voterà quasi sicuramente a favore dell’accordo definitivo, ma è, tuttavia, a Westminster che avrà luogo il vero test. È infatti poco chiaro se il Parlamento britannico approverà un accordo, non importa di quale natura esso sia. Vi è pertanto una concreta possibilità che la Brexit si concluda senza nessun accordo di recesso – quasi “accidentalmente”, riportando il termine usato dal Segretario degli affari esteri Jeremy Hunt.

In questo scenario il Regno Unito uscirebbe tanto dall’unione quanto dal mercato unico; si porrebbe fine alla libera circolazione delle persone tra l’UE e il Regno Unito e il paese cesserebbe di essere sotto la giurisdizione della Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE). Notevoli le conseguenze in diversi settori. Lo slogan di Teresa May “un mancato accordo è meglio di un cattivo accordo” potrebbe risultare veritiero dal suo punto di vista politico, ma è senza dubbio falso in numerosi altri ambiti, inclusi la sicurezza e la difesa.

In ambito della sicurezza interna, qualora il Regno Unito venisse escluso dalla giurisdizione della CGUE e dal sistema europeo della protezione dei dati personali, la cooperazione di polizia e la cooperazione giudiziaria subirebbero un arresto improvviso. Le autorità del Regno Unito potrebbero perdere l’accesso ai meccanismi di condivisione delle informazioni come la rete Europol, il sistema d’informazione Schengen e la banca dati dei codici di prenotazione dei passeggeri (PNR code). In aggiunta, potrebbero essere esclusi dal mandato di arresto europeo e dal sistema europeo di informazione sulle fedine penali. Questo distaccamento andrebbe potenzialmente a minare gli sforzi, sia del Regno Unito sia dell’UE, di lotta al crimine organizzato e al terrorismo.

Nel campo della difesa, un no-deal per la Brexit metterebbe a rischio i tentativi del Regno Unito di raggiungere un accordo amministrativo con l’Agenzia europea della difesa, compromettendo quindi la cooperazione politica, militare, tecnologica e industriale tra le parti. Questo andrà ad intaccare sulla partecipazione del Regno Unito alle nuove iniziative europee per la difesa come la Cooperazione strutturata permanente (PESCO) e la Revisione coordinata annuale sulla difesa (CARD) – soprattutto se si tiene conto dell’importante ruolo che l’agenzia riveste tra le strutture di governo britanniche. Un mancato accordo potrebbe ostacolare la cooperazione tra UE e Regno Unito nell’ambito del Fondo europeo per la difesa. L’esclusione del Regno Unito da tali iniziative potrebbe bloccare l’accesso, da entrambi i lati, a significanti risorse di bilancio e militari, inibendo progetti di sviluppo delle capacità, in particolare per quelli in ambito aerospaziale, che richiedono tecnologie di alta gamma.

L’esclusione del Regno Unito dall’unione doganale e dal mercato unico andrebbe inoltre ad indebolire il settore europeo di difesa e sicurezza europea. Il rispetto delle regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio prevedrebbe barriere tariffarie che andrebbero ad impattare sul commercio di beni e servizi tra UE-Regno Unito. Le barriere non tariffarie come i contingenti e le norme sull’origine dei prodotti andrebbero ad aumentare i costi ricadendo negativamente sulla catena di fornitura. Per questo motivo, molte aziende europee operanti nel settore aerospaziale, della difesa e della sicurezza con una significativa presenza nel Regno Unito hanno più volte enfatizzato la necessità di un accordo – senza i quali sarebbero spinti a delocalizzare in altri paesi europei o ridurre i propri investimenti nel Regno Unito. Le aziende britanniche in questi settori hanno espresso le stesse preoccupazioni.

Nel lungo periodo, il fallimento nel raggiungere un accordo di recesso potrebbe tradursi in una graduale differenziazione delle linee politiche di Regno Unito e UE, delle norme e degli standard nel campo della sicurezza informatica. Un no-deal per la Brexit potrebbe intralciare il coordinamento delle rispettive politiche dell’UE e del Regno Unito in merito alla protezione dei dati, alla privacy, alla protezione delle infrastrutture critiche e alle competenze tecniche sulla sicurezza informatica. Nel caso in cui la collaborazione tra le agenzie europee e le autorità per la sicurezza dati giungesse al termine, il Regno Unito potrebbe incontrare maggiori difficoltà nel contrastare le minacce alla sicurezza informatica.

Analogamente, qualora i recenti sforzi come la PESCO dovessero risultare in una significativa integrazione della difesa europea, la mancanza di un accordo Brexit potrebbe portare ad una crescente divergenza tra le politiche dell’UE e del Regno Unito in termini di difesa e di requisiti di capacità militare. Il verificarsi, o meno, di una concorrenza in alcune aree per effetto di questa divergenza, dipenderà dall’atmosfera politica creata dalle future negoziazioni.

Più in generale, il danno di un no-deal impiegherà probabilmente anni a ripararsi e per un certo lasso di tempo potrebbe addirittura precludere la possibilità di ulteriori negoziazioni. Malgrado gli sforzi delle parti di attenuare questi problemi –tramite accordi temporanei in aree chiave o altre misure – i costi per entrambi il Regno Unito e l’UE saranno elevati.

Raggiungere un accordo rimane pertanto una massima priorità per entrambe le parti. A dimostrazione della sua volontà di cooperare con l’UE nel post Brexit, Londra dovrebbe dimostrare più flessibilità sulle proprie richieste e considerare la possibilità di estendere l’articolo 50. Bruxelles, dal canto suo, dovrebbe riconoscere l’impossibilità di trattare il Regno Unito come un qualsiasi altro Paese terzo, specialmente nell’area di sicurezza e difesa. Benché l’UE abbia una buona ragione per mantenere una posizione ferma sul suo impegno nell’integrazione europea, ciò non dovrebbe andare a scapito della sicurezza europea.

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