Austria:svolta a destra?

Quando si tengono le elezioni in Austria – specialmente quelle presidenziali – difficilmente queste trovano spazio sui giornali tedeschi. Tuttavia, questa volta, la situazione è leggermente diversa

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Quando si tengono le elezioni in Austria – specialmente quelle presidenziali – difficilmente queste trovano spazio sui giornali tedeschi. Tuttavia, questa volta, la vicenda è leggermente diversa. Il successo di Norber Hofer, candidato di estrema destra del Partito della Libertà, che ha raccolto il 35,5% dei voti (davanti al candidato dei Verdi Alexander Van der Bellen che ha totalizzato il 21,43%, e al candidato indipendente Irmgard Griss che ha raccolto il 18,94%) avrebbe ispirato vignette satiriche in tutta la Germania, se non fosse per l’incombente spettro di Alternative für Deutschland (AfD) della Germania stessa. Il partito ha sfruttato l’opportunità data dalla vittoria in Austria del FPÖ come conferma della rettitudine del proprio percorso in Germania. Dato il clamore di questa tornata elettorale, possiamo veramente dire che l’Austria stia svoltando a destra? L’Austria sta veramente diventando un altro “Stato problematico” che mina l’unità e la coesione europea? Mentre è molto semplice per i sostenitori dell’AfD e di Marine le Pen appropriarsi del risultato per sostenere la propria linea politica, è importante sapere che le cose in Austria sono più complicate di quanto gli spin doctor vogliano far vedere.

Prima di tutto in termini di politiche concrete. L’FPÖ e gli altri partiti tradizionali non sono così distanti, e la posizione filo-russa dell’Austria è già un banco di prova per la coesione europea. Nel bel mezzo del dibattito sulle sanzioni per l’annessione della Crimea, il Presidente austriaco Heinz Fischer ha invitato Vladimir Putin a Vienna per approfondire i legami d’affari. Nella primavera del 2016 Putin ha restituito la cortesia, ospitando Heinz a Mosca. Il Capo di Stato Maggiore, un collega di partito di Fischer, ha dichiarato che l’Austria è molto più vicina alla Russia di “altre grandi potenze” (ossia gli Stati Uniti) e che le sanzioni sono state imposte all’Austria dalle potenze straniere. Mentre gli osservatori stranieri potrebbero considerare i suoi commenti come un errore isolato, questi sfortunatamente rappresentano pensieri sinceri della leadership socialista. Tuttavia Fischer non è la sola autorità o figura politica che coltiva relazioni con Putin. La Vice-Cancelliera conservatrice e il Ministro delle Finanze hanno fatto lo stesso, accompagnati dai rispettivi gruppi di interesse.  Il modo in cui i vecchi politici si buttano tra le braccia della Russia dà credito alle affermazioni dello scrittore austriaco Thomas Bernhard secondo cui c’è una seria questione di familiarità autoritaria, sciovinismo e istinto a guardare al passato nella politica e nella società austriaca. Ciò che non può essere ignorato è che i partiti tradizionali, e in particolar modo i Socialdemocratici, sono parte del problema con l’FPÖ.

Quindi, se l’ FPÖ è ragionevolmente paragonabile ai partiti storici, perché la gente dovrebbe votarli? Primo, il livello di stallo, stagnazione e corruzione che sconcerta quella che una volta era la “grande coalizione” austriaca (una coalizione tra i partiti socialisti e conservatori) respinge l’elettorato. In termini di politiche attuate, il governo non ha raggiunto alcun risultato dal 2006, muovendosi per l’abbrivio dall’era Schüssel. Bloccare le idee degli altri e governare attraverso il nepotismo sono diventati di nuovo la normalità. Per lavorare nel settore pubblico (compresi i dottori, gli insegnanti, etc.) devi essere “nero” (conservatore) o “rosso” (socialista/socialdemocratico). In Austria c’è una vecchia tradizione di partecipazione ai partiti politici come attività imprenditoriale. In passato, i socialisti controllavano l’edilizia pubblica, le industrie statali, così come i sindacati; mentre i conservatori controllavano l’agricoltura, la burocrazia, le associazioni di categoria e la Chiesa. Entrambi gli schieramenti avevano le proprie banche, imprese e giornali, organizzate attraverso nomine. A seconda della famiglia nella quale eri nato, i tuoi mezzi di sussistenza dipendevano da uno dei due partiti, e i servizi erano ritirati o non disponibili se non appartenevi a uno dei due schieramenti. Comunque, con la dismissione dei monopoli seguita all’adesione all’UE nel 1995 e con il mercato competitivo nella stessa, sempre meno persone dipendono da questi network e possono permettersi di criticarli.

L’FPÖ ha catalizzato la maggior parte dei sentimenti anti-establishment. Il suo vecchio leader Jörg Haider era popolare perché era il critico più esplicito di questo sistema di clientelismo (anche se aveva ricostruito il medesimo sistema per se stesso in Carinzia) e il suo successo era largamente dipendente dal suo essere visto dalla popolazione come un credibile politico anti-establishment (e non per i suoi slogan di destra: al contrario, la gente lo votava nonostante gli slogan).

I candidati presentati per queste elezioni dai partiti tradizionali sono sintomatici di questo “vecchio sistema”. Il socialdemocratico Hundstorfer era un sindacalista e funzionario e un soldato di partito dall’incondizionabile lealtà, anche in tempi di scandali e lotta. La sua controparte conservatrice è un vecchio religioso del Partito cattolico rappresentante del CV (Cartellverband, l’associazione cattolica del partito conservatore). È un anacronismo in una società secolare. Entrambi i candidati sono stati selezionati attraverso accordi interni per unire talune correnti del partito, più che scegliere personalità popolari che potessero formulare idee indipendenti dal governo. Ci si aspettava che lo “Stimmvieh” (il gregge elettorale, un termine dispregiativo per indicare gli elettori) semplicemente obbedisse alla tradizionale gerarchia di partito e votasse per loro senza preoccuparsi di come loro avessero figurato come politici.

Non sorprende che l’elettorato abbia optato per le alternative. La gente che ha votato per Hofer difficilmente si preoccupa di quello che dice, vogliono solamente mandare un chiaro messaggio all’establishment. Hofer ha anche beneficiato delle simpatie riscosse nell’elettorato come giovane candidato che ha subito un tragico incidente con il parapendio e che ha sempre scelto le sue parole con cautela. La sua campagna non era “avvelenata” da commenti filo-nazisti o altre affermazioni radicali come quelle di altri candidati del FPÖ del passato. La popolazione cittadina, l’elettorato ultraliberale di sinistra ha virato verso il candidato dei Verdi Alexander van der Bellen. I conservatori-moderati, l’elettorato di centro-destra verso Irmgard Griss, un ex Presidente della Suprema Corte di Giustizia e in seguito capo di un comitato investigativo su un grande scandalo di corruzione. La sua campagna è stata interamente cofinanziata, e nonostante non avesse il supporto del partito, è riuscito a raggiungere il 19%, un risultato di tutto rispetto per un paese abituato alla politica dei partiti.

Il Presidente Hofer prefigurerebbe il Cancelliere Strache? Improbabile. In Austria, la Presidenza è per lo più una carica di rappresentanza. Quindi la gente la usa per protestare votando per figure alternative, conoscendo il basso rischio associato. La posta in gioco è più alta nelle elezioni parlamentari e i candidati di sinistra raramente raggiungono questi successi. Mentre Hofer serve da “dito” puntato contro il governo, pochi si fiderebbero di lui per governare il paese. Sulla carta, il Presidente può dimissionare il governo e nominare il Cancelliere e i Ministri. Ma per entrambi ha bisogno della collaborazione del Parlamento o del Cancelliere, per cui Hofer dovrebbe faticare. Se Hofer spingesse troppo, potrebbe smascherarsi, causando la perdita di consensi per l’FPÖ prima delle elezioni parlamentari.

Come dovrebbe, quindi, reagire Berlino alle elezioni austriache e quale sarebbe la lezione da imparare? Primo, mantenere la calma! Una reazione forte di rifiuto del partito aiuterebbe solamente l’FPÖ. E dipingerebbe tutti gli elettori del FPÖ come nazisti, una reazione istintiva incendiaria che non rappresenta la verità. L’elezione riguarda più una protesta che una reinvenzione autoritaria. Di sicuro, i partiti di governo a Vienna aderirebbero alla narrativa per cui “la malvagia destra populista ha sedotto l’elettorato” e per cui la crisi dei rifugiati e la Merkel hanno rovinato la loro giornata. Ma questo solo per coprire i propri fallimenti agli occhi dell’opinione pubblica. Come in Ucraina, Moldova e Romania, governi autoreferenziali, corrotti, inefficienti e élite non professionali non sono immuni al controllo pubblico, come si può constatare il giorno delle elezioni. Qualora non riescano a reagire insieme, sarà fin troppo facile per i populisti accaparrarsi un gran numero di seggi.

È improbabile che l’AfD in Germania riesca a ripetere il modello del FPÖ, perché le precondizioni per il successo e il contesto politico sono molto differenti. Inoltre, le “grandi coalizioni” sono inclini allo stallo, e nel lungo periodo rafforzano le opposizioni. Ma se la forza dei partiti populisti rimane nella debolezza e nell’inefficienza dell’establishment, ci vorrà molto tempo perché il panorama politico in Germania assomigli a quello austriaco.

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