Il primo nemico di Trump sarà la Germania, non la Cina

L’amministrazione Trump sta prendendo sempre più di mira la Germania: per Berlino è giunto il momento di riconoscerne le potenziali conseguenze.  

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L’amministrazione Trump sta prendendo sempre più di mira la Germania: per Berlino è giunto il momento di riconoscerne le potenziali conseguenze.

La scorsa settimana a Berlino, Ivanka Trump e la cancelliera tedesca Angela Merkel si sono divise il palcoscenico per discutere delle strategie di empowerment delle donne imprenditrici. L’evento rientrava nel programma della presidenza tedesca del G20 della società civile e, nonostante il ruolo piuttosto peculiare di Ivanka Trump, la discussione ha tenuto toni molto più distesi della più impacciata riunione tra Merkel e Trump alla Casa Bianca, avvenuta poche settimane prima.

Non dovrebbe sorprendere che non ci sia alchimia tra due politici così diversi. Merkel, dottoressa in chimica fisica, è conosciuta come sostenitrice della “politica della mano ferma”. Una volta affermò: “Mi ci vuole molto tempo per prendere una decisione, tuttavia una volta che la prendo, la rispetto”. Non ha un account Twitter, non ama le dichiarazioni volgari e una volta ha rubato la bandiera tedesca dalle mani del segretario generale del partito, per sventolarla la sera della sua ultima vittoria elettorale. È, per molti aspetti, il contrario di Trump.

Tuttavia, appare giusta la conclusione cui la maggior parte dei giornali tedeschi è giunta dopo la visita della Cancelliera a Washington: ‘Sarebbe potuta andare anche molto peggio’. È probabile, dunque, che la situazione ora peggiori.

La Germania sarà nel mirino di questa amministrazione e questo non ha niente a che fare con Trump Senior che, personalmente, non gradisce il piglio da “uomo” di stato della Cancelliera. Di fatto, ogni segmento della già molto frammentata amministrazione americana ha trovato un buon motivo per non andare d’accordo con il più influente stato europeo.

A prima vista, Trump e amministrazione potrebbero apparire come una compagine piuttosto incoerente, con dichiarazioni che vengono contraddette poco dopo esser state pronunciate e un via-vai di personale di alto livello nelle prime settimane di incarico. Tuttavia, ci sono alcune convinzioni su cui l’amministrazione si mostra coerente – e tutte queste si riflettono negativamente sulla Germania.

In primo luogo, Trump ha chiarito molto bene che vede il mondo attraverso una lente economica, essendo stato eletto con la promessa che avrebbe guidato gli Stati Uniti come un’azienda. Trump ha regolarmente attaccato la globalizzazione ed il libero scambio, affermando la propria volontà di rinegoziare il NAFTA e porre fine ai negoziati TPP e TTIP.

Per la Germania ciò è estremamente problematico. Dopo tutto, siamo “Exportweltmeister” – ‘Campioni mondiali dell’export’. Per anni il modello economico tedesco ha fatto affidamento sull’export delle maggiori società esportatrici piuttosto che sull’import del paese – la Germania ha un surplus commerciale mensile di 20 miliardi di euro sul resto del mondo, di cui 6 miliardi con gli Stati Uniti. Questi, d'altra parte, detengono il più grande deficit commerciale del mondo – nel 2016 ammontava a 500 miliardi di dollari. Trump, durante la conferenza stampa congiunta, ha dichiarato: “Vorrei poter affermare che i negoziatori per la Germania hanno svolto un lavoro molto migliore rispetto ai negoziatori americani. Tuttavia, speriamo anche di poterne uscire. Non vogliamo la vittoria, vogliamo la giustizia. Tutto quello che voglio è la correttezza”.

La Germania non ha alcun accordo commerciale con gli Stati Uniti e, se anche fosse, questo non sarebbe stato negoziato dai tedeschi ma dall’UE – l’affermazione di Trump rivela come egli ritenga che la Germania benefici del libero scambio globale in modo sproporzionato, posizione che condivide con la Cina. Egli vuole “riequilibrare” tale relazione, soprattutto attraverso l’imposizione di una “tassa di aggiustamento alle frontiere”, penalizzando le aziende che non producono negli Stati Uniti. Queste imposte non sono ancora in vigore – tuttavia, gli Stati Uniti stanno già applicando sanzioni, come contro Salzgitter: dal 30 marzo il secondo produttore di acciaio tedesco è stato obbligato a pagare una tariffa punitiva del 22,9% per presunto dumping.

In secondo luogo, gli ideologi della “alt-right” dell’entourage di Trump odiano la Germania per la politica sui rifugiati. Il leader degli ideologi del presidente, Steve Bannon, lamenta il fatto che l’Occidente abbia perso la propria “fondazione giudaico-cristiana”. L'accoglienza tedesca di un milione di rifugiati, la maggior parte dei quali musulmani, in un simile contesto equivale ad un sabotaggio. Trump, nella sua famosa intervista al BILD-Zeitung, ha reiterato il concetto, sostenendo come la Merkel avesse commesso un “errore assolutamente catastrofico lasciando tutti questi illegali all’interno del Paese”.

C'è un ulteriore disaccordo tra Stati Uniti e Germania sulle organizzazioni internazionali. Per la Germania, Nazioni Unite, Organizzazione Mondiale del Commercio ed Unione Europea sono attori del sistema internazionale, il quale garantisce uguaglianza e giustizia a tutti gli Stati. L’amministrazione Trump – per una volta in accordo con il partito repubblicano – ritiene che le organizzazioni internazionali tentino di erodere il potere degli Stati Uniti, dando ai paesi deboli l’opportunità di sfruttarli.

Infine, anche alcuni membri dell’amministrazione Trump detestano il Mittelstand tedesco. Trump ama circondarsi di imprenditori della Silicon Valley (almeno coloro che non lo disprezzano attivamente): il fondatore di PayPal Peter Thiel è trumpiano; Elon Musk, CEO di Tesla e colui che vuole inviare i turisti su Marte, è un consulente di Trump. Altri si stanno unendo per necessità. Questa folla si spiega con il concetto di “distruzione creatrice” di Schumpeter: il vecchio deve essere distrutto in modo che il nuovo possa prosperare. Essi preferiscono prendersi rischi e grandi margini. L’approccio tedesco, d'altro canto, si fonda integralmente sulla continuità: è attento, deliberato e basato sul principio della precauzione. Per quei consulenti della squadra di Trump che provengono dalla Silicon Valley, questo atteggiamento è identico alla propagazione del comunismo durante l’era McCarthy.

È possibile che la situazione non degeneri come temiamo oggi. Trump ha recentemente lodato la “chimica incredibile” con la cancelliera tedesca. Inoltre, molti a Berlino continuano a sperare che nel gabinetto Trump possano avere la meglio le forze più liberali. Tuttavia, resta il rischio concreto che le relazioni Germania-Usa stiano precipitando verso un punto molto basso. È dunque giunto il momento per l’establishment tedesco di rendersene conto. L'attuale presidenza tedesca del G20 potrebbe essere l’occasione per incontri transatlantici meno piacevoli del recente forum di empowerment delle imprenditrici.

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